venerdì, Marzo 29 2024

Immaginate un ospedale, un po’ distante dal centro abitato di una città, in
cui dei ragazzini siano costretti a rimanere mesi o anni, per motivi
differenti.

Ad esempio per tumori, coma, anoressia, difficoltà cardiache, lesioni per
incidenti. Immaginateli chiusi tra quelle pareti, giorno e notte, immersi
nell’odore dei medicinali e circondati da apparecchiature, macchinari,
volti cupi di altri pazienti o familiari in agonia.

Immaginate questi ragazzi, dagli 8 ai 18 anni, che passano la vita a
spostarsi da un letto a una sedia a rotelle, da una sala operatoria a un
reparto; invece di andare a scuola, di giocare, di fare bagni al mare.
Immaginateli a lottare tra la vita e la morte, quando dovrebbero solo
spalancare le braccia ad un futuro che li attende.

Ora, però, cercate di figurarvi questi stessi ragazzini che parlano,
ridono, piangono insieme: uniti nelle loro sofferenze.

Immaginateli a confidarsi le paure prima di un intervento, ad abbracciarsi
dopo una bella notizia, a sdrammatizzare e farsi coraggio quando comincia
per qualcuno di loro un nuovo calvario. Immaginateli a mettere da parte
ciascuno un po’ del proprio dolore per portare anche i pesi degli altri.

Immaginate che questi ragazzi abbiano creato un vero e proprio gruppo di
amici, al quale si possa accedere portando al polso una striscia rossa; un
pezzo di plastica che indicherebbe solamente che si è subito un intervento,
se loro non la avessero fatta diventare simbolo di coraggio, fiducia,
lealtà, condivisione. Immaginate, cioè, che una striscia di plastica
infilata al polso di un malato possa diventare, grazie alla fantasia e alla
voglia di vivere, un braccialetto rosso.

Se siete stanchi di immaginare, potete andare a guardare la serie tv
“Braccialetti rossi”, che ha portato sullo schermo ciò che noi abbiamo
descritto in pochissime righe.

“Braccialetti Rossi” è una serie tv italiana che prende vita della serie
catalana Polseres vermelles, ispirata alla storia vera dello scrittore
spagnolo Albert Espinosa che, malato di cancro per dieci anni, è riuscito a
guarire, raccontando poi la sua esperienza in un libro.

La serie ha avuto due stagioni: la prima, composta da 6 episodi, è andata
in onda dal 26 gennaio al 2 marzo 2014. La seconda, composta da 5 episodi,
è stata trasmessa dal 15 febbraio 2015 al 15 marzo 2015. È prevista anche
la produzione di 6 nuovi episodi, che comporranno la terza stagione: le
riprese inizieranno nell’estate del 2015. Insieme alla terza stagione,
viene confermata anche la produzione della quarta stagione, che andrà in
onda nel 2017.

Certamente, è di amore umano che si tratta, quindi con tutte le
“imperfezioni del caso”. Anche in “Braccialetti Rossi”, a volte, prevalgono
orgoglio, rabbia, presunzione, volubilità, vittimismo. Vi sono brusche
litigate e allontanamenti, non sempre c’è fiducia nell’altro, manca a volte
comprensione autentica. E capita che la vicinanza degli altri non basti per
placare la disperazione.

Anche nella vita di coppia, poi, ci sono talvolta delle mancanze: essa
appare un po’ instabile, immatura, soggetta agli umori e all’egoismo.

Tuttavia, colpisce come l’unità riesca sempre, alla fine, a vincere sulla
divisione, l’amicizia sulla discordia, la volontà di lottare insieme sulla
tentazione di isolarsi e di soffrire da soli.

“Più forte della morte è l’amore”, “Vale sempre la pena vivere”, “Il dolore
fa crescere”, “Un peso portato in due pesa la metà”, “L’unione fa la
forza”. Potremmo andare avanti all’infinito con quelle che per taluni sono
solo “frasi fatte”, pensate per addolcire afflizioni inconsolabili, ma che
in “Braccialetti rossi” sembrano verità così reali e tangibili che
obbligano se non altro a riflettere.

Ingenuità? Ipocrisia? Cosa si nasconde dietro all’ostinata ricerca di
amore, di condivisione e di speranza di chi vive nella sofferenza?

Una possibile risposta ce la danno coloro che amano definirsi disillusi:
“L’uomo, quando sente che sta perdendo tutto, ha bisogno di aggrapparsi a
qualcosa. Ecco perché ci inventiamo la solidarietà, la vita dopo la morte,
l’amicizia che fa superare gli ostacoli”.

Questa serie di successo, invece, ci dà un’altra risposta. Anzi, forse, più
che darci una risposta ci invita a farci una domanda: e se fosse l’esatto
contrario?

Se l’uomo fosse fatto per l’amore, per la solidarietà, per il dono di sé,
per l’amicizia vera e le “situazioni più estreme” non facessero altro che
ricordarglielo? Se il dolore non fosse la musa ispiratrice delle illusioni,
ma piuttosto una bussola che indica ciò che conta davvero; che conduce
l’uomo a capire l’essenziale, proprio quando tutto il resto sta ormai per
svanire?

Viene da pensare che il segreto del successo di “Braccialetti Rossi” si
trovi nel fatto che è un riuscito inno alla vita: alla vita in ogni caso,
alla vita dal principio fino alla fine, ma soprattutto, un inno alla vita
vissuta in comunione con altri.

“Un po’ li invidio, sai? Stanno male, ma sono insieme. Si vogliono bene.
Grazie a questa serie, ho capito che è meglio soffrire insieme, che avere
la salute ma vivere senza amore, nella solitudine”. (cit. Federica, una fan
di “Braccialetti Rossi”).

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