domenica, Dicembre 3 2023

Ha fatto discutere il mondo intero la vicenda di Charlie Gard, neonato britannico deceduto lo scorso
luglio, dopo una lunga battaglia legale tra i medici che lo avevano in cura
presso il Grand Ormond Street Hospital di Londra e i suoi genitori.

Ora che il caso si è “chiuso” e che si sono acquietate le polemiche – la
vicenda ha goduto infatti di un’intensa copertura giornalistica ed è stata
oggetto di strumentalizzazioni ideologiche e mediatiche – vale la pena
tirare le somme per imparare qualcosa da questa storia.

Ricordiamo in sintesi l’iter della vicenda

Al neonato, poche settimane dopo la nascita, viene diagnosticata una
malattia genetica rara. Ricoverato in ospedale, dapprima viene tenuto in
vita con dei respiratori artificiali, poi i medici, dopo aver tentato varie
terapie, prendono la decisione di interrompere ogni tipo di trattamento e
di lasciarlo morire, contro il parere dei genitori, che invece chiedono di
poter tentare delle cure sperimentali.

La delicata questione finisce in mano ai tribunali britannici, da cui
scaturiscono sentenze contraddittorie. La prima, infatti, si rivela a
favore dei genitori, la seconda dei medici. I signori Gard si appellano,
allora, anche alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, che a sua volta
appoggia i medici.

I genitori vorrebbero portare il bambino in America, a loro spese (sono
infatti riusciti a racimolare il denaro necessario con una colletta
attarverso le reti sociali) per tentare una cura sperimentale, ma al
piccolo viene impedito di lasciare il Paese nativo. La mamma e il papà di Charlie ricevono anche la proposta di portare il figlio in
Italia, all’ospedale Bambin Gesù di Roma, dove i medici sarebbero disposti
ad accudirlo; ma anche questo, viene impedito per “motivi legali”.

Sono molte le ombre, le ambiguità, i cavilli burocratici, i pareri
discordanti che hanno accompagnato la tragica storia e che sono stati
riportati con inquadrature differenti dai mezzi di comunicazione di tutto
il mondo.

A segnare la vicenda, è stata indubbiamente una scarsa chiarezza: un
lettore medio, desideroso di informarsi ma che avesse poca dimestichezza
sugli argomenti scientifici che venivano dibattuti, faticava a capire cosa
stava realmente accadendo, quale era il punto centrale della questione,
quali i rischi e i benefici dell’eventuale cura sperimentale, il perché dei
“no” ripetuti di fronte alla possibilità di lasciarlo andare in altre
strutture disposte ad accoglierlo.

C’è chi parla dell’operato dei medici come di un tentativo di praticare
l’eutanasia senza palesare questa intenzione e chi sostiene che volessero
solo interrompere cure che rientravano nel quadro dell’accanimento
terapeutico. E’ certo che la decisione statale di assegnare ai genitori
un’avvocatessa di parte (favorevole all’eutanasia) come rappresentante
legale di Charlie non ha aiutato a giudicare con serenità
i genitori né l’opinione pubblica. Loro avevano già un avocato ma lo Stato,
attraverso un’ufficio para-statale che dipende dal Ministero di Giustizia,
ne ha scelto uno per Charlie: si trattava di Victoria
Butler-Coler, presidentessa dell’associazione pro-eutanasia “Compassion In
Dying”. Quando i genitori lo hanno scoperto e hanno denunciato questo
conflitto di interessi sono stati inascoltati.

Nelle guerre tutti perdono

Ad aggiungere benzina sul fuoco, tanti altri fattori collaterali. Ne
segnalo soltanto alcuni:

– il fatto che ci sia stato un intervento da parte di Greg Burke, direttore
della Sala Stampa Vaticana, che è stato rilanciato dai media come desiderio
del Papa che i genitori fossero ascoltati. Ciò ha generato polemiche fra i
cattolici sulla portata e sul signifiacto del tweet papale;

– un tweet di Trump, seguito da un decisione del Senato americano di
approvare un emendamento per dare la cittadinanza a Charlie Gard e
facilitare il trasferimento e ricevere le cure;

– l’offerta dell’Ospedale Bambin Gesù di una trasferta a Roma per tentare
nuove cure e la squalifica del prestigioso ospedale vaticano da parte
dell’agenzia Associated Press, che ha rammentato malaffari del passato
nella gestione amministrativa ed economica dell’ospedale.

Insomma, nelle guerre, ancor più se ideologiche, tutte le armi disponibili
vengono usate perché la nobiltà delle cause disputate è scontata per i
contendenti. Nel turbinio tutti pescano: quelli che sono in buona fede e
quelli che sfruttano il conflitto, come fanno gli speculatori nelle guerre.

La divisione ha intaccato anche la classe medica. Persino tra chi era del
settore c’erano visioni molto differenti. Ci sono stati medici che

hanno appoggiato in toto i dottori del GOSH

e hanno visto nell’ostinazione dei genitori il tentativo inutile, seppur
comprensibile, di due persone disperate e innamorate del proprio bimbo; ma
ci sono stati medici, come il dott. Hirano, che ha accettato di mettere il
nome e il volto in tutta questa vicenda, che hanno invece sostenuto che ci
potesse essere qualche altra possibilità, proprio come il papà e la mamma
di Charlie non si stancavano di ripetere (si legga ad
esempio

Charlie Gard, giudice chiede nuovi dati. Il medico Usa: “Tentare la
terapia: chance dal 10 al 50%”).

Il ruolo dei media

La confusione è stata amplificata dalle visioni distantissime che
assumevano i media, spesso dettate da ideologie preesistenti o da
differenti concezioni di “dignità dell’essere umano”, “qualità della vita”,
“rispetto per la vita” e che determinavano aprioristicamente il modo di
raccontare tutta la storia. O, forse, i media hanno riflettuto come fossero
uno specchio proprio il clima di incertezza che questa vicenda stava
generando.

Che i mezzi di comunicazione si sarebbero occupati di questo caso era
ovvio, dato che la storia si presentava al medesimo tempo drammatica,
commovente, complessa e piena di sfumature. Il conflitto non poteva che
suscitare interesse nel grande pubblico: da una parte avevamo due genitori
distrutti, ma speranzosi e combattivi, aggrappati ad una speranza e pronti
a smobilitare tribunali e ospedali di tutto il mondo; dall’altra dei
giudici e dei medici che tenevano in mano lo scettro della legge e della
scienza e che potevano passare da crudeli e insensibili carnefici o da
sagge e incomprese autorità.


Tra i vari atteggiamenti dei media, si sono potuti distinguere i
seguenti:

– alcuni media, hanno avvallato le tesi dei medici del GOSH, mostrando però
al tempo stesso comprensione per la sofferenza e le richieste dei genitori.
È il caso, questo, di uno dei principali quotidiani nazionali italiani

Il Corriere della Sera

,
che riporta tutta la vicenda sul suo sito a partire dall’inizio;

– alcuni media, invece, si sono schierati con i medici senza vacillare,
zittendo senza mezzi termini gli “inesperti genitori” e chiunque criticasse
il parere dei dottori. Ci riferiamo ad esempio al noto giornale britannico

The Guardian

, secondo cui il parere dei medici non era contestabile;

– ci sono stati poi media che hanno insinuato il dubbio sull’operato dei
medici, come il quotidiano italiano di ispirazione cattolica

Avvenire

, che ha seguito molto da vicino anche le vicende legate al possibile
trasferimento del piccolo presso l’Ospedale Bambin Gesù di Roma, impedito,
alla fine, per problemi legali;

– a dubitare dell’operato dei medici del GOSH, però, è stato anche il
quotidiano statunitense

The New York Times

, secondo il quale nessuno può, a loro avviso, definire quale vita possa
essere considerata degna di essere vissuta, ma ognuno deve essere lasciato
libero di autodeterminarsi: in questo caso, i genitori avevano diritto di
decidere per il bimbo. Il giornale americano, da posizioni liberali, si è
schierato dalla parte dei genitori, ma non per il valore della vita o della
dignità di ogni persona, ma per l’autonomia di essa. E’ interessante a
proposito notare come questa vicenda abbia visto schierarsi dalla medesima
parte giornali e riviste che, in molti campi, sostengono posizioni etiche
ben diverse, come il quotidiano italiano Avvenire e l’americano The New York Times;

– altri media

hanno accusato giudici e medici di aver addirittura condannato a morte
questo bambino

, sentenziando che per loro doveva morire senza voler tentare prima tutto
il possibile;

– alcuni giornali popolari e scandalistici inglesi, come The Sun e Daily Mail, si sono schierati dalla parte dei genitori, dando loro
voce e spiegando alcuni aspetti che altri media – tra cui quotidiani che
avevamo fama di maggiore accuratezza e credibilità – trascuravano.

Sono solo esempi di una divisione forte di opinioni, visibile nella stampa
internazionale e nell’opinione pubblica.

Di fronte a tante incertezze, il rischio era di cadere nel sentimentalismo,
nel pietismo; di prendere una posizione più “con la pancia” che “con la
testa” o di assumere posizioni rigide che cozzavano con l’amore e per il
figlio dimostrato dai genitori e con la speranza offerta da vari esperti.

Alcuni elementi di luce e speranza

Una cosa, comunque, è certa: in una società dove si esalta la libertà
individuale e soggettiva, si è lasciato decidere a dei tecnici la sorte di
una bambino, togliendo di fatto la patria potestà ai genitori e
tralasciando i pareri discordanti di altri tecnici.

L’ideologia diffusa in Occidente che sostiene come criterio ultimo
l’autonomia della volontà (se una morale unica non c’è e ognuno ha diritto
di decidere cosa è giusto e cosa è sbagliato chi può veramente ergersi a
giudice?), si è contraddetta: di fatto è stato dato ai tecnici della
salute, dell’amministrazione, della legge il potere di decidere contro il
parere di due genitori…

Ecco quali sono le conseguenze del relativismo di valori.

Un aspetto positivo è che Charlie, seppur coi suoi pochi
mesi di vita e con il suo male incurabile che lo obbligava in un letto
d’ospedale, ha contribuito a mostrare questa aberrante contraddizione, a
risvegliare il buonsenso di molti cittadini e ad aprire nuove piste nel
campo della ricerca e ad arricchire dibattiti in ambito etico. E quei
genitori, forse un po’ eccessivi e “televisivi” nel loro modo di raccontare
la storia e di crearsi alleati per salvare il proprio bimbo, hanno saputo
dimostrare a cosa può portare l’amore sconfinato per un figlio, soprattutto
se più bisognoso di cure.

Previous

Donne e maternità: se è importante mostrare il valore delle cicatrici della vita

Next

Se i media non ci mostrano la bellezza (e l’eroismo) di essere dei giovani genitori…

Check Also