domenica, Giugno 4 2023

Perché Facebook ha comprato Whatsapp? Il “colpo” da 19 miliardi di dollari,
avvenuto a febbraio, ha sconvolto il mercato dei network digitali. Per quei
pochi che non lo sapessero, Whatsapp è un’app che si monta sugli smartphone
per scambiarsi messaggi scritti e vocali, tra singole persone o gruppi, e
inviarsi allegati (foto, video ecc.): l’evoluzione – più efficace e per
giunta gratuita – degli sms.

Ma, forse, Whatsapp è anche l’evoluzione di Facebook. Benché le due aziende
abbiano affermato che ciascuna andrà avanti indipendentemente, col proprio
marchio e i propri ambienti e mezzi di comunicazione, sotto sotto c’è chi
vede l’acquisto di Whatsapp come il riconoscimento, tempestivo, di
un’evoluzione che a breve potrà cambiare molte cose. C’è chi comincia a
sussurrarlo: Facebook è troppo “vecchio”. I più giovani lo disertano a
favore di applicazioni più immediate di messaggistica (come, appunto,
Wathsapp”). E allora, meglio premunirsi finché si è ancora sulla cresta
dell’onda, comprando il concorrente potenzialmente più pericoloso.

Il ragionamento fila. Del resto le impressioni e le voci di popolo
(chiedete in giro ai ragazzi, se non la pensano così) sono confermate dalle
ricerche e dai dati che ne derivano. Facebook ha raggiunto il vertice della
popolarità e della frequentazione nel 2012, toccando il miliardo di utenti.
Una crescita vertiginosa, quasi epidemica, per la rete sociale che il 4
febbraio di quest’anno ha compiuto dieci anni di vita.

Ma che, proprio come un’epidemia debellata, potrebbe contrarsi e sparire
nel giro di poco tempo. Secondo uno studio della Princeton University,
pubblicato su The Guardian in coincidenza col decimo anniversario
di Facebook, il network digitale potrebbe addirittura scomparire dalla rete
entro il 2017, perdendo l’80% dei propri seguaci. È peraltro una
possibilità, non una certezza: i ricercatori l’hanno evidenziata, da una
parte, constatando che il numero delle ricerche su Google riguardanti
Facebook è diminuito dal 2012 a questa parte, e dall’altro applicando –
brillantemente, ma, certo, in maniera opinabile – al web gli algoritmi con
cui si misura l’evolversi delle epidemie cliniche. A cui è seguito questo
pronostico sorprendente.

Forse non andrà così, ma in fin dei conti resta vero che accrescendo la
propria popolarità Facebook è andato incontro a un certo sbiadirsi della
forza coesiva. Le critiche appuntate sull’uso del termine “amici” per
designare i contatti all’interno del network adesso appaiono piuttosto
fondate, perché col crescere dei numeri – non so a voi, ma a me arrivano
tuttora infinite richieste di “amicizia”, e molte da sconosciuti – si
finisce per mettere in comune fatti e idee che interessano sempre meno agli
altri. E spesso si afferma, di fatto solitaria, la smania di esprimere
qualcosa che si annida in ogni singolo, senza che di fatto agli altri ne
importi in fico secco. Sì, certo, abbondano i “mi piace”, ma anche in
questo caso viene un dubbio: che si tratti più di pacche sulle spalle –
alle persone – che non di assenso e condivisione dei contenuti. Di fatto le
cerchie restano quasi sempre confinate al piccolo giro di amici ed
estimatori.

Non voglio dire che tutto questo sia inutile, e di fatto non credo che
Facebook si estinguerà. Al contrario, l’affare Whatsapp è il segno di una
preveggenza che condurrà a evoluzioni efficaci nel segno del consenso
cercato e trovato: scambiarsi messaggi è indubbiamente utile, in definitiva
tanto più utile quanto più è immediato e facile da fare. Facebook già oggi
è testimone del proprio cambiamento: se le ricerche su Google che lo
riguardano sono in calo, è anche perché sempre più persone abbandonano
l’uso del pc a favore di tablet e smartphone: terminali che richiedono
modelli di utilizzo più snelli.

Personalmente ho sempre pensato che una gran parte dei post che girano su
Facebook siano fuffa inutile. Ma è anche vero che altri sono interessanti:
a conferma del fatto che, come sempre nella vita e nella società, alcune
buone idee convivono con molte banalità. È naturale.

In sostanza, non c’è dubbio che la società del Ventunesimo secolo voglia e
vorrà comunicare sempre di più e sempre meglio. Così com’è indubbio che le
tecnologie cambiano in fretta, al servizio di noi che le usiamo e le
inventiamo. Se Facebook si sedesse sui propri allori, resterebbe indietro.
Direi che l’ha capito prima di tutti noi.

Nota: pubblichiamo in coedizione con la rivista Fogli

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