domenica, Giugno 4 2023

Flessibilità, competenze specialistiche, smartworking e orientamento
all’obiettivo potrebbero davvero decretare l’affermazione delle donne
nell’ambito digitale. Ma è davvero così? In realtà i dati OCSE
(Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) offrono un
quadro più puntale delle criticità e dei punti di debolezza riguardanti le
donne e le nuove forme di lavoro della GIG Economy.

Nonostante il cambiamento in atto sia enorme, i professionisti che
rispondono adeguatamente ai profili ricercati non sono molti.

Inoltre, il report “The future of jobs and skills” del World Economic Forum
ha evidenziato che il 65% dei bambini che iniziano adesso il loro percorso
scolastico svolgerà lavori che ad oggi non esistono.

Data la portata del cambiamento di cui stiamo parlando è importante
cominciare a ragionare fin da subito sulle opportunità e sui rischi che
questo comporterà per le donne e per l’occupazione femminile.


I dati Ocse forniscono un ritratto del futuro che ci aspetta

L’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico si è occupata
di indagare gli aspetti legati al futuro lavorativo delle donne, stilando
il rapporto “Going digital: the future of work for women”. L’analisi cerca
di indagare se la trasformazione digitale rafforzerà o indebolirà la
posizione delle donne nel mercato del lavoro.

Un aspetto che ha un impatto importante sulle donne riguarda sicuramente la
flessibilità. Le donne infatti, nonostante l’emancipazione, continuano a
prendersi cura della casa e della famiglia nel tempo libero dal lavoro,
ragion per cui la flessibilità sembra essere una grande alleata delle
donne. Come confermato dai dati Ocse: le donne che lavorano da casa
presentano anche tassi di occupazione più alti tra le donne madri. E laddove
l’organizzazione del lavoro è più flessibile, è stata rilevata anche una
riduzione del divario retributivo con i maschi.

Secondo l’Ocse la battaglia del lavoro flessibile si gioca su tre variabili
fondamentali:

la volontarietà o meno dell’adozione di queste misure;


• maggiore o minore autonomia nell’organizzazione del lavoro;

• sicurezza del posto di lavoro.

Ma la flessibilità è davvero l’alleata numero uno delle donne? No, perché
se è vero che questa permette di conciliare anche le attività domestiche, è
vero anche che, se mal gestita, può arrivare a complicare la separazione
tra vita privata e lavoro, invece di agevolarne la conciliazione.

Un altro aspetto fondamentale è l’automazione. La progressiva delega ad
automatismi, influenza e determinerà la vita lavorativa di tutte le
categorie, uomini e donne, anche se le previsioni non sono catastrofiche.
Secondo le stime dell’istituto, il 9% dei lavori nei paesi Ocse sono ad
alto rischio di automazione, mentre un ulteriore 25% potrebbe cambiare
significativamente poiché una percentuale tra il 50% e il 75% delle proprie
funzioni potrebbe essere automatizzata.

Dal rapporto si evince però che la propensione all’automazione non equivale
in maniera diretta alla perdita di posti di lavoro, per tre ragioni
principali:

• l’adozione delle nuove tecnologie è, spesso, lenta per ragioni di
carattere economico, sociale e anche legale;

• la storia dimostra che nelle fasi di grandi cambiamenti i lavoratori si
sono adattati cambiando le mansioni che svolgevano, aggirando così la
disoccupazione tecnologica di massa;

• l’effetto che l’innovazione innesca nel mercato. Se è vero che si fa leva
su di essa in alcuni settori, è altrettanto vero che nel lungo periodo, la
diminuzione dei prezzi dei prodotti dovuti all’aumento di produttività fa
sì che aumenti la domanda e quindi, nel lungo periodo si assiste ad un
aggiustamento automatico che contrasta la disoccupazione creata nel breve
periodo.

L’Ocse procede a una rapida analisi dell’occupazione maschile e femminile
nei vari settori, combinandola con la propensione di questi stessi settori
all’automazione del lavoro e alla perdita di posti di lavoro, per arrivare
alla conclusione che non vi è una rilevante differenza di genere.

La ricetta del lavoro futuro: competenze

Il vero antidoto contro la disoccupazione è rappresentato dalle competenze.
Già oggi è complesso trovare lavoratori in grado di rispondere alle
esigenze del mercato in cambiamento.

Solo il 5% dei lavoratori in possesso di una laurea corre un alto rischio
di perdere il proprio lavoro a causa dell’automazione, percentuale che
aumenta al 40% per i lavoratori con un diploma superiore. A prima vista,
una buona notizia per le donne, che nei paesi Ocse costituiscono oramai la
maggioranza dei laureati.

Due le competenze imprescindibili per tenersi stretti il lavoro:



le soft skills ossia tutte quelle caratteristiche della personalità
come le qualità e gli atteggiamenti individuali, le abilità sociali,
comunicative e gestionali;


• e le competenze specialistiche in campo ICT, legate al settore
informatico tecnologico.

E’ proprio sulla seconda competenza che le donne devono lavorare per
continuare ad essere competitive sul mercato. Come rilevato dall’Ocse,
infatti, vi è un’importante differenza fra maschi e femmine: a possederle
oggi sono il 5,5% dei lavoratori a fronte del solo 1,4% delle lavoratrici.


Quale impatto avrà la digitalizzazione per l’occupazione femminile?

L’Ocse chiude il suo rapporto accennando una serie di politiche che
renderebbero la rivoluzione digitale un’opportunità per le donne e non un
rischio:

• risolvere il divario fra uomini e donne nell’accesso e, soprattutto
nell’utilizzo delle nuove tecnologie;

• promuovere modalità flessibili di lavoro utilizzando le nuove tecnologie;

• assicurare a tutti i lavoratori, uomini e donne, la medesima attenzione
nell’implementazione di politiche a sostegno dei lavoratori delocalizzati;

• adattare i sistemi di protezione sociale alle nuove forme di lavoro.

La maggior parte di queste proposte non richiede una grande disponibilità
di budget ma, semplicemente, competenza e organizzazione nella
progettazione delle politiche pubbliche.

Home schooling: l’educazione parentale

Tra le varie forme di lavoro che il mondo 4.0 offre c’è l’homeschooling,
ossia una forma di istruzione domestica. Non essendo necessario rivolgersi
ad insegnanti o persone con requisiti particolari, potrebbe essere
un’ottima opportunità per le donne che vogliono lavorare da casa,
conciliando “liberamente”, lavoro e vita privata. Non ci sono obblighi
particolari se non quelli dettati dalla Legislazione statale, che obbliga i
ragazzi a sottoporsi annualmente ad alcuni esami di valutazione per
attestarne i progressi e consentire l’avanzamento scolastico.

Negli Usa, in Inghilterra e in Canada è un fenomeno diffuso, in Francia,
Spagna e Italia è in costante crescita, anche se con qualche problema in
più.

Tra i pro, la possibilità di avere un’insegnante a disposizione con
conseguente attenzione e considerazione delle esigenze del singolo
studente. Un rapporto insegnante-studente paritario, regole meno
standardizzate, criteri valutativi più flessibili.

Tra i contro, la riduzione del tempo di socializzazione e l’isolamento
dello studente che limiterebbe ancora di più il rapporto con i pari.
Questo, unito al tempo di esposizione ai prodotti tecnologici come
smartphone e computer potrebbe determinare l’incapacità di relazionarsi
alla pari con il mondo circostante e le dinamiche di gruppo.

Certo è che per le donne potrebbe essere una buona soluzione per avere un
lavoro a portata di mano, in casa, e conciliare le attività domestiche con
il mondo lavorativo.

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