lunedì, Maggio 29 2023

Ragazzi volontari sempre sorridenti e cortesi che accolgono i visitatori,
giornalisti che corrono frenetici da un padiglione all’altro della Fiera
alla ricerca di una dichiarazione di qualche esponente del mondo politico e
imprenditoriale, famiglie curiose che passano da uno stand espositivo
all’altro. Ma anche dibattiti, mostre fotografiche, eventi musicali e
teatrali, bambini che giocano a calcetto nell’area relax insieme agli
animatori.

Insomma tanta cultura e intrattenimento, ma anche tanta attualità con uno
sguardo sempre attento ai temi economici e politici, non solo italiani.
Questa è la fotografia che Familyandmedia vuole raccontare dell’
edizione 2014 del Meeting di Rimini – manifestazione organizzata dalla
fondazione “Meeting per l’amicizia fra i popoli” – svoltasi nella nota
località balneare italiana, dal 24 al 30 Agosto. Un evento che ha ormai una
storia ed una esperienza trentennale e che propone ogni anno una
riflessione e un momento di confronto sui principali temi culturali,
religiosi, politici e artistici.

Per capire a fondo il Meeting di Rimini, Familyandmedia, ha
intervistato Luca Gino Castellin, docente presso la
Facoltà di Scienze politiche e sociali all’Università Cattolica del Sacro
Cuore di Milano e volontario da tanti anni al Meeting nel Social Media
Team.

L’esperienza raccontata dai volontariè la prospettiva migliore per
conoscere questa manifestazione, che attira ogni anno in Italia, tanto per
dare un’idea, decine di migliaia di visitatori. Con Luca abbiamo voluto
approfondire in particolare un aspetto, non raccontato da televisioni e
giornali, relativo al tema del rapporto tra famiglia e nuovi media. Al
Meeting infatti abbiamo incontrato molte famiglie che vedevamo interagire e
comunicare tra di loro ma anche con tutte le altre realtà presenti (stand
espositivi, ospiti, eventi, mostre, media) attraverso i propri cellulari,
smartphone, i-pad e computer vari. Un environment digitale
a 360 gradi che ci ha fatto capire, se mai ce ne fosse stato ancora
bisogno, di quanto la tecnologia sia ormai parte integrante e fondamentale
della nostra vita quotidiana in ogni momento. Con Luca, avendo dato il suo
contributo da volontario proprio nell’area dei social media, ci è venuto
naturale affrontare questo argomento.


Luca, che ruolo hanno avuto i new media e in particolare i social media
al Meeting


e quale impatto hanno avuto? Le aspettative sono state attese o deluse?

Il Meeting è un evento che ogni anno richiama l’attenzione di tutti i
media, televisioni, radio, giornali. Ma negli ultimi anni, soprattutto
grazie alle nuove possibilità offerte da internet e dai social media in
particolare, abbiamo iniziato a offrire una narrazione diversa.

Una narrazione che punta a far conoscere sempre di più il Meeting al mondo,
senza il filtro delle lenti – spesso deformanti – dei tradizionali mezzi di
comunicazione. Una narrazione, tanto per capirci, fatta dagli stessi
utenti, e non più solo dai giornalisti e dagli addetti ai lavori. Penso
alle foto pubblicate su Instagram, ai commenti e ai post su Facebook o ai
tweet dei nostri visitatori e dei nostri stessi volontari.

Come organizzazione inoltre, abbiamo lanciato un hashtag ufficiale –
#meeting14 – che è stato un vero e proprio evento social. È un lavoro che è
iniziato ormai tre anni fa e che ogni edizione si sviluppa sempre più. Come
era già avvenuto fin dall’inizio dell’avventura del Social Media Team del
Meeting, l’hashtag ufficiale è finito spesso tra i Trend Topics (TT)
italiani, che misurano la popolarità di un argomento su Twitter. La nostra
pagina Facebook ha avuto migliaia di visualizzazioni quotidiane.
Soprattutto, l’interazione con gli utenti di Facebook e Twitter è diventata
molto assidua nel corso dei mesi precedenti e in particolare della
settimana del Meeting. C’è stato chi chiedeva informazioni, chi raccontava
con parole e immagini (Instagram ha ottenuto un ottimo successo!) la
propria esperienza tra incontri e mostre, e chi ringraziava per il lavoro
svolto (che ha permesso anche a chi non poteva essere presente di vivere
con noi il Meeting). Siamo veramente entusiasti di come si è svolto il
lavoro e non vediamo l’ora di cimentarci con l’hashtag #meeting15.


Al Meeting erano presenti molte famiglie, anche con i loro ragazzi.
Come siete riuscite a coinvolgerle e che ruolo hanno avuto in questo i
social media? (Twitter, Facebook, Foursquare, Flickr, App….) Che tipo
di scambio/relazione si e’ riusciti a creare?

Abbiamo coinvolto le famiglie e i giovani raccontando anche attraverso il
loro stesso contributo che cos’è il Meeting. È stata un’esperienza
affascinante di convivenza e condivisione. La creazione di gallerie
fotografiche quotidiane su Facebook, la pubblicazione e il repost degli
scatti più belli su Instagram, e la piena interazione con i tweet dei
volontari e dei visitatori sono state fondamentali in questa prospettiva.
Abbiamo anche ideato il contest “Il #meeting14 è”, con cui abbiamo chiesto
a tutti di sintetizzare in una parola la loro esperienza.


Secondo la vostra esperienza del Meeting, e’ possibile un uso
intelligente e misurato dei new media da parte dei ragazzi (adolescenti
in particolare)? Sono necessari filtri, restrizioni o altre misure per
evitare i rischi di una dipendenza eccessiva?

Direi di sì: è possibile un utilizzo intelligente e responsabile dei nuovi
media da parte dei ragazzi (e, in fondo in fondo, di tutti). Occorre, però,
innanzitutto chiarire che cosa intendiamo per social media. Seguendo la
suggestione di padre Antonio Spadaro, ritengo che i social media non siano
un semplice “strumento”, magari neutro e quindi ontologicamente
de-responsabilizzante, ma un vero e proprio “ambiente”, nel quale ciascuna
persona può aumentare i confini della propria capacità di comunicare
un’esperienza in atto. Può sembrare una distinzione un po’ barocca, ma non
lo è affatto. Se vengono considerati uno “strumento”, i social media
possono condurre a una sorta di ‘schizofrenia digitale’, che separa la vita
reale da quella social favorendo – per esempio – fenomeni di bullismo
(magari, mascherati dietro identica fasulle). In un “ambiente”, invece,
ciascuno può (e, aggiungerei, deve) essere interamente se stesso, e
raccontare la propria esperienza di vita reale a tutti. La via da seguire
per l’utilizzo dei social non è quindi né la loro demonizzazione, né la
loro santificazione.

Per quanto riguarda il problema della dipendenza eccessiva, credo che
esistano dei rischi e vadano continuamente monitorati (soprattutto negli
adolescenti), per evitare che l'”ambiente” dei social si possa trasformare
nell’unica realtà a cui far riferimento. Ciò, ovviamente, costituisce un
feticcio dell’idea di “ambiente” a cui prima mi riferivo.


La sintassi dei social media sta cambiando – oltre che le nostre
abitudini sociali e comportamentali – anche il nostro linguaggio
quotidiano. Che riscontro avete dai vostri ragazzi del Meeting (ad
esempio i volontari)? Si tratta di una evoluzione o una involuzione del
linguaggio?

La sintassi dei social è un’arma a doppio taglio. Da un lato, rappresenta
certamente un’involuzione del linguaggio. Un’involuzione, tuttavia, che
peggiora un fenomeno già in atto da tempo. In tal senso, ne costituisce un
sintomo più che una causa. Dall’altro lato, invece, può costituire
un’opportunità di esprimere in maniera essenziale e diretta ciò che avviene
nella nostra vita. Mi lasci aggiungere che si può utilizzare un linguaggio
non involuto anche nell’utilizzo dei social. A testimoniare ciò c’è anche
la nostra esperienza di narrazione del Meeting. In 140 caratteri si possono
dire tante cose e raccontare bene quello che avviene intorno a noi.


In generale, secondo la vostra esperienza del Meeting, come e in che
modo si può oggi comunicare e parlare oggi della famiglia? In che
misura e con quali finalità se ne può parlare?

Della famiglia si può e si deve parlare, raccontando innanzitutto la sua
dimensione centrale per l’intera società. È il nucleo fondamentale di ogni
autentica esperienza di vita sociale. Spesso, tuttavia, la famiglia ottiene
l’attenzione dei mezzi di comunicazione soltanto nei casi di cronaca nera.
È, ovviamente, un travisamento della realtà. Al Meeting la famiglia
rappresenta l’ambito privilegiato dell’esperienza. Non di rado genitori e
figli seguono gli incontri e visitano insieme le mostre, ma lavorano anche
insieme come volontari (fianco a fianco, o in settori differenti). Il
racconto della quotidianità – che, alcuni potrebbero definire erroneamente
banale – di ogni famiglia è la modalità con cui aiutare a ridarle quella
centralità che ormai assume soltanto in una dimensione tragica.

Previous

Giochi, ma non solo!

Next

Le donne vengono da Venere e gli uomini da Marte? Un simpatico documentario norvegese ironizza sulla teoria del gender

Check Also