sabato, Settembre 30 2023

Per anni la televisione è stata accusata di molti dei mali della
società. Ad essa si attribuisce la responsabilità dei problemi che
abbiamo di fronte, i giovani lontani dalla realtà, l’abuso di alcol e
droghe e persino la formazione di menti vuote e poco riflessive. E in
gran parte ciò è vero. I contenuti televisivi sono sempre meno
rispettosi del pubblico, sfruttano storie strutturate in modo
ripetitivo in cui prevalgono la violenza, il sesso, le proposte di
anti-eroi come modelli, abbondano disvalori e la proposta di famiglie
disgregate come situazioni di normalità.

In precedenza, i media tradizionali come la stampa, la televisione e la
radio necessitavano esclusivamente di un pubblico passivo, soprattutto
la televisione, che ha avuto un enorme impatto sulla società. Per
Tapsot e Fidler (1998), esistono tre generazioni audiovisive : “Baby
Boom”, “Baby bust” e “Echo Baby Boom”. Le prime due si caratterizzano
per essere cresciute con mezzi analogici, di massa, a diffusione
lineare e “monomediali” . Il loro rapporto con questi mezzi era
passivo, cioè erano semplici spettatori. Ma l’ultima generazione,
quella cosiddetta “Echo Baby Boom” si sta formando con media digitali,
personalizzati, convergenti, non lineari, e multimediali, che implicano
un rapporto attivo e di varia natura (spettatore, partecipante e
produttore). Questa ultima caratteristica, lo spettatore, partecipante
e produttore, ha portato alla definizione inglese di “prosumer” , una
parola che deriva dalla fusione di “produttore” (productor) e
“consumatore” (consumer). Questo concetto era già stato introdotto da
Marshall McLuhan e Nevitt Barrigton nel loro libro Take today
(1972). Gli autori hanno affermato che la tecnologia elettronica
avrebbe consentito ai consumatori di assumere allo stesso tempo il
ruolo di produttore e consumatore di contenuti.

Così, i nostri sforzi di mediazione dovrebbero essere legati non solo
al “tostapane magico”, come molti autori chiamano la televisione per il
modo in cui condiziona il nostro cervello, ma i genitori dovrebbero
anche impegnarsi ad orientare positivamente i figli dinanzi ad altri
tipi di schermi , portatori anch’essi di messaggi sia buoni che
cattivi.

Queste schermi sono quelli di Internet, dei cellulari e delle console
di gioco, molto apprezzati dai bambini. E lo sono in quanto consentono
diverse attività in parallelo, in maniera interattiva, locale e
globale. Questa generazione multi-schermo impiega mezzi per
“comunicare” (mail, sms, chat …), “conoscere” (siti web, download
…), “condividere” (social network, foto, video …), “divertirsi
“(giochi online, radio e TV digitale) ed anche “consumare ” (shopping
online).

Prima dei 10 anni, molti bambini in Colombia, come altrove, hanno
accesso a tutti i tipi di schermi: oltre la metà ha già un cellulare, i
tre quarti hanno regolare accesso a Internet e quasi tutti -9 su 10 –
gioca, più o meno regolarmente, con videogiochi.

I media tradizionali come i nuovi schermi presentano aspetti positivi e
negativi. Consentono l’integrazione, l’interattività, la creazione di
reti di social networking basate su amicizia e interessi comuni;
inoltre possono facilitare la comunicazione e lo sviluppo di abilità
cognitive e motorie di grande importanza. Tuttavia, senza una guida
appropriata e i giusti orientamenti, questa tecnologia può diventare un
problema perché i bambini sono esposti a grandi quantità di
informazioni senza contesto, a persone malintenzionate, ad eventuali
molestie, rischiano l’inattività fisica e l’apatia sociale, che la
dipendenza questi dispositivi e il loro contenuto genera.

Data la preoccupazione di molti genitori su cosa fare per gestire il
rapporto dei propri figli con le nuove tecnologie, genericamente
raggruppati con il termine “schermi”. Una possibile risposta è:
educare, cioè l’insegnamento a sviluppare abitudini di buon uso di
questi schermi.

Per anni abbiamo parlato della mediazione dei genitori, dell’
orientamento, dell’ accompagnamento, dell’esempio e altro ancora.
Tuttavia, per attuare queste strategie ci deve essere collaborazione e
la comprensione dei genitori circa l’impatto dei media, vecchi e nuovi,
nella mente dei più piccoli.

Abitudini. Questa è la soluzione. Ma non solo per i genitori. E
‘essenziale che i bambini sin da molto piccoli siano educati a
utilizzare i media. Ma come dovrebbero fare i genitori?

Secondo Serge Tisseron, psichiatra infantile, psicoanalista e direttore
della ricerca presso l’Università Paris Ouest-Nanterre, c’è un modo per
farlo. Come risultato della sua esperienza e delle sue indagini,
Tisseron propone “3-6-9-12 Rule”, la regola del 3-6-9-12 ,una guida per
genitori circa l’età appropriata per l’utilizzo di ciascuna delle
tecnologie, ed è stata diffusa dall’ Associazione Francese per
l’Asssistenza Ambulatoria Infantile(AFPA). Le cinque regole sono:

1) Evitare gli schermi prima dei 3 anni. Numerosi studi
dimostrano che il bambino sotto i tre anni non ha nulla da guadagnare
esponendosi allo schermo frequentemente. Allo stesso modo, diversi
studi suggeriscono che il gioco è molto più edificante per il bambino
che sedersi e guardare la TV .

2) Non usare console di gioco portatili prima di 6 anni. Non
appena i videogiochi vengono introdotti nella vita del bambino ne
ottengono tutta l’ attenzione a scapito di altre attività.

3)

Niente Internet prima di 9 anni e quando naviga il bambino deve
farlo con l’ausilio di un insegnante o un genitore

, che deve spiegare le tre regole di base di utilizzo di Internet.
Tutto ciò che viene pubblicato può divenire di pubblico dominio, tutto
ciò che viene caricato su Internet ci resterà sempre, e non tutto ciò
che vi si trova è vero o legittimo, quindi si devono consultare altre
fonti perché non sempre le informazioni pubblicate sul Web sono
veritiere.

4) Internet solo da 12 anni. I bambini possono entrare e
navigare da soli dopo tale età, ma il loro uso dovrebbe essere cauto, i
genitori dovrebbero accompagnare e definire le regole di utilizzo,
orari e utilizzare i mezzi di controllo parentale offerti dal computer
stesso o dai fornitori.

La regola del 3-6-9-12 è necessaria ma non sufficiente. È inoltre
importante controllare il tempo della loro permanenza davanti allo
schermo a tutte le età. Tuttavia, va notato che, se come genitori non
facciamo il nostro lavoro qualcun altro lo farà …

Il discorso non cambia. La regola fondamentale che deve essere
mantenuta: i genitori hanno la responsabilità primaria per l’istruzione
e la formazione dei propri figli sotto tutti gli aspetti. E questa la
responsabilità è inevitabile.

Nota: Juan Camilo Diaz insegna alla Scuola di Comunicazione presso
l’Università di La Sabana (Colombia)

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