mercoledì, Settembre 27 2023

Nel 2007 più del 22% della popolazione mondiale utilizzava Internet,
secondo l’International Telecomunication Union (ITU). Tre anni dopo quella
percentuale ha continuato a salire e nel 2009 Internet formava parte della
vita quotidiana di più di un miliardo e mezzo di persone e costituiva una
parte importante delle loro dimensioni sociali, educative, professionali e
commerciali. Infatti, nel collegamento tra il mondo virtuale e il reale
sono diventati imprescindibili l’e-mail, le piattaforme d’insegnamento
on-line, i siti istituzionali, i blogs, le banca dati e la documentazione
on-line, la consultazione di riviste scientifiche attraverso la rete,
l’acquisto con carta di credito…

Le enormi potenzialità della tecnologia non sempre però hanno risvolti
positivi, come mostrano i dati sui contenuti dei siti o alcune riflessioni
in ambito accademico e intellettuale, sul fatto che Internet sta creando
atteggiamenti sociali e logiche intellettuali che possono non essere di
aiuto nella crescita delle persone. Mark Bauerlein, professore di Inglese
all’Emory University, per esempio, sostiene che la crescita on-line produce
un sottosviluppo intellettuale, e un’ossessione per l’opinione dei compagni
(“

The Dumbest Generation: How the Digital Age Stupifies Young Americans
and Jeopardizes Our Future

”, 2008). Sotto un altro versante ma pure in senso critico Nicholas Carr,
ex-direttore di Harvard Business Review, pensa che l’uso
indiscriminato di Internet determina nelle nuove generazioni la perdita
della memoria culturale e contribuisce all’impoverimento intellettuale ( The Shallows. What the Internet Is Doing to Our Brains, 2010).
Anche i professori universitari stanno ripensando l’uso delle tecnologie
che si dovrebbe fare in aula per trasformarle in uno strumento di
approfondimento e non una fonte di distrazione (Inside Higher Education, 2.VI. 2010). Ci sono molte tecnologie che aiutano ad
evitare la presentazione di lavori copiati, che stimolano la risoluzione di
problemi, permettono di allenare medici ed ingegneri in pratiche molto
difficili attraverso simulatori… Il punto di tutte queste voci non è
criticare Internet ma sottolineare che non deve essere assolutizzato,
perché è uno strumento che deve essere in accordo ai fini e alle proprietà
richieste da ogni attività che dobbiamo realizzare. Questo spiega la
disperazione di alcuni professori universitari che vedono solo pochi
studenti prendere nota con i loro lap-top in classe, mentre gli altri
navigano in Internet, con la testa a molti chilometri virtuali da quello
che succede in classe.

Una delle sfere dove Internet ha preso il largo è proprio quella dei
rapporti sociali, dei social network. La popolarità di Facebook, che
potrebbe arrivare nelle prossime settimane ai 500 milioni di utenti ne è
l’esempio.

Social network: la nuova frontiera del villaggio globale

“Qual è la cosa migliore e peggiore che ti è successa su Facebook?”

“La migliore? Incontrare il mio ragazzo. La peggiore?…Incontrare il mio
ragazzo!”

Questa è la battuta, scherzosa, ma poi neanche troppo, di una studentessa
intervistata da Time (31.V.2010). Una risposta che, se da una
parte fa sorridere, dall’altra sicuramente deve far riflettere
sull’esplosione di questo fenomeno che giorno dopo giorno assume sempre
maggiori dimensioni e maggiore ruolo nei rapporti sociali.

Forse è ancora presto per fare delle valutazioni definitive e tirare delle
conclusioni, ma sicuramente è possibile (e forse anche utile) iniziare a
tracciare delle tendenze e a valutare gli impatti, soprattutto sociali ma
anche politici e commerciali delle reti sociali. Molti infatti sono gli
ambiti e le questioni aperte che meritano quantomeno una riflessione. La privacy innanzitutto. Molti utenti, alle prime armi con
Internet, sono ignari dei rischi che affrontano, inserendo dati personali
senza pensare a che fine faranno. Ritrovare amici e fare nuove conoscenze
su un social network è una delle forme più comuni. Ma nessuno sa chi c’è
dietro l’interfaccia nella quale milioni di persone creano profili e
pubblicano contenuti di svariata natura. Al momento della creazione
dell’account, i social network diventano infatti proprietari di tutto ciò
che viene pubblicato, dati personali inclusi. Questo significa che i social
network non sono “soltanto” uno strumento per mantenere i propri contatti
con gli amici, condividendo pensieri, foto, video e quant’altro, ma anche,
e forse principalmente, un mezzo informativo costante per monitorare
scelte, gusti, tendenze che serviranno ad impostare scelte di mercato e
strategie commerciali per realizzare annunci pubblicitari più mirati,
personalizzati e appetibili per gli inserzionisti. Se da una parte la
legislazione è ancora lacunosa sotto questo punto di vista, è sicuramente
vero però che un atteggiamento più consapevole e un pò di buon senso
rispetto alla gestione della propria identità on line consentirebbe di
ovviare, anche se parzialmente al problema. Lo stesso Mark Zuckerberg,
fondatore di Facebook, mesi fa aveva chiesto scuse e recentemente
riproponeva la politica della conservazione dell’informazione che segue la
sua azienda in un’articolo pubblicato sul Washington Post
(24.V.2010), ma recentemente tornava a dire in una intervista che il
concetto di privacy stava cambiando e bisognava adeguarsi ai tempi ( La Repubblica, 23.VI.2010).


Le reti sociali e la loro dimensione sociale, economica e politica

Il campo sociale è sicuramente uno dei terreni dove i
social network hanno avuto maggior presa. Mantenere e sviluppare le
relazioni interpersonali tramite internet (e sempre meno attraverso il
tradizionale telefono per non parlare del face to face), fare
nuove conoscenze virtuali o recuperarne altre andate perse, è sicuramente
qualcosa di più di una semplice moda. Un fenomeno mass mediatico certo, ma
anche il sintomo di un disagio sociale e psicologico dell’individuo che non
riesce più a trovare dei punti di riferimenti certi, reali e condivisi
all’interno della società, come potevano essere le parrocchie, i circoli,
il dopolavoro, le piazze o i bar fino a 20 anni fa. “L’amicizia ai tempi di
Facebook” recita, e non a torto, qualcuno. Il sociologo Cameron Marlow,
ingaggiato da Facebook per lo studio delle dinamiche sociali dei propri
utenti, aveva registrato una media di 120 amici per l’utente medio, con una
reale capacità di mantenere rapporti costanti che varia dalle sette alle
dieci persone. Un dato che non farà fede al reale concetto di amicizia ma
che comunque fotografa in maniera sintomatica la situazione. Quello su cui
forse vale la pena soffermarsi un attimo è anche la gestione della propria
identità su internet. Molti psicologi hanno individuato nell’utente medio
una crescente tendenza nel dare voce a una seconda propria identità sul
web, che troverebbe la sua massima e libera espressione (o libero sfogo)
sulle chat, i forum e i social network in particolare. Una seconda identità
che non vuol dire necessariamente anche una seconda personalità. Detto in
altri termini, ci si presenta spesso sul web con una seconda veste (in
genere migliore della reale), per insicurezza, solitudine o timidezza alla
ricerca di una espressività e dimensione personale troppo soffocata o non
accettata nella vita reale. Sul modo di educare in questo ambito è
interessante lo studio di Bringué e Sádaba realizzato in diversi Paesi
Latinoamericani (Razón y Palabra, México 2009).

Ma i social network sono tanto altro ancora. Fonti di risorse continue ad
esempio che irrompono anche nelle nuove strategie di business. A livello commerciale, come detto, l’interesse maggiore, poi neanche
tanto nascosto, è quello di ottenere dei profili sempre più precisi e
personalizzati degli utenti iscritti, da rivendere agli inserzionisti
pubblicitari. Quasi un’enorme banca dati da mungere il più possibile.
Infatti, nel profilo delle reti sociali gli utenti vengono incoraggiati a
segnalare i loro gusti, le loro preferenze, sono invitati a collegarsi con
altre persone che conoscono per aumentare la loro base contatti. Anche
questo ultimo punto non è facile da gestire: da una parte c’è la
possibilità di trovare molti amici dei quali si erano perse le tracce, ma
diventa difficile o scortese rinunciare ad un invito di amicizia; oppure
non è prevedibile l’uso che altri facciano delle informazioni offerte
oppure si potrebbe essere contattati da persone che non hanno avuto un
ruolo positivo nella propria vita. Basta pensare all’ex fidanzata di
vecchia data che chiede l’amicizia ad un uomo ormai sposato. Inoltre,
un’esempio dello sviluppo di questo ambito è la nascita della professione
di social media manager, una persona specializzata in gestire reti
sociali e promuovere l’interesse degli utenti verso determinati temi o
prodotti.

Ma anche la politica ha scoperto questo nuovo mondo e ne
ha fatto subito lo strumento principe su cui basare le proprie strategie di
propaganda e di gestione del consenso popolare. Un esempio su tutti, la
campagna elettorale di Barack Obama nel 2008, che ha utilizzato internet
nelle forme più svariate, dalla ricerca dei fondi elettorali
all’organizzazione e gestione degli attivisti, fino alla comunicazione dei
messaggi e dei discorsi del candidato. Vaccari e Mazzoleni (

Political Communication Report

, vol.20, 2010) suggeriscono che l’entusiasmo iniziale per Obama non è
venuto soltanto dall’uso della tecnologia ma soprattutto dalla personalità,
dalle idee e dalle proposte del candidato, che sfidava i repubblicani con
un movimento popolare di base. Comunque, con il passare del tempo, il
presidente in carica ha perso popolarità: la strategia precedente, centrata
in un discorso inclusivo e nella costruzione di relazioni e rapporti, ha
calato in efficacia perché si è istituzionalizzata e perché la logica delle
relazioni personali (più vicina ad un movimento di base) si è trasformata
in una logica di marketing (più vicina ad un governo che cerca di
convincere alle persone sulle decisioni politiche prese). Inoltre, assicura
Boynton (


Political Communication Report

,

vol.20, 2010), i repubblicani hanno imparato a fare l’opposizione pure in
Internet, come si è visto con la riforma del sistema sanitario e con il
movimento “Tea Party”.

Questi esempi mostrano che la politica vede nei social network, ma ancora
più in generale in internet, lo strumento più adeguato per agganciare quei
target tradizionalmente estranei o sfuggenti come i giovani under 30 o le
classi più disagiate.

Servirsi dello strumento ed integrarlo nelle nostre vite

Le tendenze descritte precedentemente possono aiutarci a trovare delle idee
per contestualizzare uno strumento così ricco e potente.

1. Le persone che hanno una capacità innata di fare amici e sviluppare
relazioni trovano nelle reti sociali uno strumento solido per creare o
rinforzare i rapporti perché viene integrato con la loro personalità nel
campo sportivo, commerciale, d’interessi personali, ecc. La profondità, il
tipo di relazione, il grado d’intimità condivisa e il numero di quelle
amicizie che siano in grado di gestire saranno alcuni degli elementi più
importanti nelle modalità di utilizzo.

2. Gli utenti con un carattere introverso o timidi hanno la possibilità di
relazionarsi più facilmente nelle reti sociali, ma esiste il pericolo che
sviluppino molti rapporti virtuali (ai quali dedicano tempo ed energie) e
potenzino allo stesso modo l’isolamento nell’ambito reale, trascurando la
famiglia, i colleghi di lavoro o le persone che incontrano quotidianamente.

3. Quelli che hanno una personalità dispersiva devono imparare ad
utilizzare questo strumento con un ordine e uno scopo preciso, altrimenti i
padroni del loro tempo e delle loro priorità saranno la tecnologia stessa o
gli interessi delle persone contattate. Per questo motivo il tempo e le
finalità con le quali si usa Internet sono i due pilastri essenziali che
consentono di integrarlo adeguatamente alle nostre vite ed ottenerne il
massimo delle sue potenzialità senza essere prigionieri dei suoi ritmi. Un
studio interessante in questo senso è quello che hanno pubblicato
recentemente Del Fiume, Sádaba e Bringué, (

Minori e reti sociali: dall’amicizia al cyberbullying, in Revista de
Estudios de la Juventud

, marzo 2010).

4. Le reti sociali non possono sostituire il rapporto personale. L’amicizia
virtuale potrebbe portare all’amicizia reale o viceversa, ma la relazione
virtuale è nettamente diversa dal rapporto reale. E’ sempre più frequente
che una persona, nel presentarsi ad un’altra, dica “Ci conosciamo già su
Facebook”.

5. Internet in generale e le reti sociali in particolare si sono rivelate
uno strumento efficace per crescere intellettualmente e per uscire
dell’isolamento nel caso di persone che si trovano in situazioni di
precarietà, in paesi lontani, o isolate per colpa di malattie o circostanze
familiari.

6. Come si è detto all’inizio, ancora è presto per tracciare un quadro
generale. È possibile affermare che le reti sociali stiano dando vita a
nuove forme di comunicazione e di interazione, di linguaggi e di
espressioni che stanno invadendo sempre di più la nostra vita quotidiana a
tutti i livelli: sociale, commerciale e politico. È possibile dire che si
tratta di un “mezzo” dentro un altro mezzo, Internet. Un mezzo “freddo”,
per dirlo con McLuhan, capace di includere multipli canali sensoriali,
inviando messaggi a “bassa definizione” che richiedono da parte dell’utente
un gran sforzo sensoriale e percettivo.

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