venerdì, Aprile 19 2024

Quanto ci fidiamo di politici, governanti, istituzioni, aziende?

Quanta credibilità diamo alla stampa e ai media in generale?

Temiamo la manipolazione ideologica “dall’alto”?

Siamo soliti scorgere dei secondi fini dietro alla scelta di dare o celare
determinate informazioni?

Alcune risposte ce le offre il report di Edelman, un

rapporto globale

che misura in 28 paesi – ormai da venti anni – la credibilità di
istituzioni, governo, politica e media.


Il 2020: l’anno delle paure e del crollo di fiducia

Il Trust Barometer di Edelman mostra come nel 2020 si è assistito
ad un crollo significativo della fiducia in vari ambiti della vita sociale.

A incidere su questo, senza dubbio, la pandemia da Covid19, che ha generato
o accentuato timori ed incertezze.

Al primo posto, scopriamo dal Rapporto, c’è stata la paura di perdere il
lavoro, seguita dalla preoccupazione per il cambiamento climatico.

Il timore di contrarre il virus si trova solo al quarto posto, dopo l’ansia
di rimanere vittime di attacchi hacker, dovuto anche all’incremento
nell’utilizzo di sistemi informatici in ogni ambito del vivere.

Un dato interessante che la ricerca ci offre è la perdita generalizzata di
fiducia nei “leader”.

Cala di due punti quella nei governanti. I leader politici sono infatti
“guardati con sospetto”: le persone hanno tendenzialmente paura che essi
“possano dire cose che sanno essere false” per difendere qualche interesse
particolare. Scende di 4 punti anche la fiducia verso i leader religiosi.



Giornalisti: gli attori sociali che hanno perso maggiormente la
fiducia

Tuttavia, sono i giornalisti coloro che hanno maggiormente deluso i
cittadini: la fiducia nei loro confronti cala di 5 punti.

Osservando le tabelle, si nota come l’emergenza sanitaria abbia portato
alla diffusione di disinformazione e sospetto in modo particolare verso i
media tradizionali (soprattutto nella seconda parte del 2020).

Guardando al mondo dell’informazione constatiamo che nessuna categoria
raggiunge la soglia della credibilità (situata a 60 punti): il posto
migliore nella “classifica” lo occupano i motori di ricerca, con 56 punti,
restando comunque sotto alla sufficienza.

Per i media tradizionali il flop è più evidente: si fermano infatti a 53.

Non si mette in discussione solo la “qualità” e la scelta delle notizie.
Anche il modo di titolare, il lessico usato, il tono con cui si scrive non
convincono. Gli intervistati notano, a tal proposito, che la narrazione
delle notizie tende ad allarmare (generando panico) piuttosto che ad
informare e rendere consapevoli della realtà i lettori.

I più insoddisfatti per l’informazione nel proprio paese sono gli italiani.



Il sospetto dell’influenza politica nella stampa e la crescita
della domanda informativa

Il 59% del campione totale sostiene che i giornalisti scelgono
deliberatamente di “ingannare il pubblico” oppure che esagerano.

Sulle testate è diffusa la convinzione che siano più interessate a
difendere una posizione politica che a informare.

Il timore è che la stampa non sia libera e che difenda interessi di parte.

Da notare, infine, che le aziende, nel contesto odierno, appaiono più
“credibili” dei media, ma, al contempo, la domanda informativa cresce
sempre di più, a significare che i cittadini si fidano poco della stampa ma
sanno di averne bisogno.

Questo dato deve essere da sprone per tutti coloro che esercitano la
professione del giornalista o sono coinvolti in qualche modo nel mondo
dell’informazione.

Le persone riconoscono l’importanza del settore, sanno quale grande
responsabilità spetta a chi ha il compito di informare. Proprio per questo
nutrono elevate aspettative.

Possano questi dati suscitare dei sinceri esami di coscienza e motivare,
chi di dovere, a recuperare la fiducia perduta.

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