giovedì, Novembre 30 2023

Il diritto alla libertà di parola è severamente minacciato
negli Stati Uniti, patria per definizione da sempre della libertà di
espressione? Stando ai risultati di una recente ricerca del 2015, condotta
dalla Pew Research Center sembra proprio che sia così.

Le nuove generazioni non sembrano, infatti, vedere proprio di buon occhio
parole di critica e dibattiti aspri e forti, preferendo di gran lunga spazi
sicuri intrisi di una dialettica politically correct.

Ma andiamo con ordine. La ricerca del Pew Research Center riporta dei dati
molto interessanti sul orientamento dell’opinione pubblica statunitense in
merito alla questione della libertà di parola. Un dato su tutti: ben

il 71% degli americani crede che si dovrebbe permettere a tutti di
esprimersi liberamente senza censura dello Stato

.

Ma ci si spinge anche oltre. Il 77% pensa addirittura che dovrebbe essere
sempre consentito poter esprimere liberamente il proprio pensiero, anche se
offensivo e non rispettoso delle convinzioni altrui.

La libertà prima di ogni altra cosa. Se pensiamo poi che ben il 67% degli
americani dichiara di trovare giusto il poter esprimere pubblicamente
pensieri che risultano offensivi per le minoranze, il quadro è chiaro: gli
americani non sembrano proprio voler rinunciare al loro diritto di libertà di parola.

Una realtà che contrasta fortemente però con quanto sta accadendo nei
principali Campus universitari del Paese, dove è sempre più in aumento il
fronte del no nei confronti di qualsiasi dialettica offensiva e
irrispettosa del prossimo, per esempio nelle conference e lezioni, dove la
pressione degli studenti ha spinto ai dirigenti a dover cancellare alcuni
eventi o chiedere scuse. In Campus come quello della Università di Chicago,
della Northwestern University e della Columbia, ma addirittura a Yale,
Princeton e Harvard, si prolunga la richiesta di vietare l’offesa sugli
eventi non academici come gli vestiti di Halloween, o il divieto di
pronunciare il suo discorso al rapper ‘Big Sean’ per le sue lettere
misogine, o il blocco della progettazione del film ‘Stonewall’ per
trasmettere una visione sbagliata degli afroamericani negli USA. Sono
sempre di più gli studenti che richiedono delle

aree protette (safe spaces), spazi sicuri dove poter vivere il
quotidiano senza poter subire attacchi o critiche

che potrebbero ferire i sentimenti di qualcuno.

Come reazione al crescente clima di censura degli studenti, il rettore
dell’Università di Chicago incaricò un gruppo di esperti di preparare un
documento che venne pubblicato nel 2015. Questo documento segue la linea
degli altri manifesti della medesima Università, specialmente il rapporto
Kalven (1967), a favore della libertà di espressione. Nel corso del 2015,
altre università aderirono alla Dichiarazione di Chicago. La piattaforma
FIRE, una lobby a difesa dei diritti civili, elabora a tal proposito un
documento annuale sulla restrizione della libertà di oltre 400
universitari.

Ecco allora l’ultimo paradosso della società democratica americana: da
un lato la libertà di parola, anche in caso di espressioni violente e di
incitamento all’odio, è un valore irrinunciabile. Ma dall’altra parte la
nuova generazione – di cui i Campus sono certamente l’espressione più
vitale e rappresentativa – richiede spazi sicuri di difesa, dove mettere al
bando ogni espressione che sembri offensiva a qualcuno.

Va ricordato che da sempre ‘università è stata il luogo naturale del
confronto dialettico, del pensiero libero, addirittura negli anni sessanta
è stato il luogo di nascita di battaglie culturali, come la difesa dei
diritti civili, e anche ideologiche, come quella per la liberazione
sessuale e la difesa dei diritti civili. Lo scontro verbale, non era certo
il problema, anzi. Questioni per la conquista di altri diritti richiedevano
di non andare tanto per il sottile e di sporcarsi le mani, anche in
dibattiti accesi, in nome della democrazia.

Semplici contrasti generazionali o contraddizioni di una società che ha
perso l’orientamento e non sa più trovare un giusto punto di equilibrio nei
grandi dibattiti civili? Come trovare la bussola? La libertà di espressione
non è solo una libertà formale o un totem culturale. Va ripensata e
rifondata. Non è un dato di fatto che sta lì inerte in attesa di una
appropriazione esterna. Impegna il singolo e le società. Va conquistata in
ciascuna persona e generazione.

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