giovedì, Giugno 1 2023

Il 47esimo Rapporto Censis fotografa un’Italia sempre più legata alla Rete
e ai nuovi media. Tutti più connessi e mobili, anche a costo di sacrificare
i propri dati personali.

L’Italia è un paese sempre più tecno-dipendente. Due italiani su tre hanno infatti ormai una confidenza
quotidiana con internet (ben il 63,5% della popolazione),
anche se sono i giovani a dimostrare una più accentuata predisposizione
verso il web con quasi un plebiscitario 90,4% nella fascia di età tra i
14-29 anni, a cui si contrappone il 21,1% degli over 65.

Ma non solo. Gli smartphone connessi in rete crescono a
doppia cifra (+12,2% in un solo anno rispetto al 2012), con una percentuale
di penetrazione complessiva sulla popolazione del 39,9%, che arriva a sfiorare addirittura il 66,1% tra i giovani.

Questa è la fotografia che emerge dal 47esimo Rapporto Censis per la parte specifica sulla
fruizione dei media in Italia e il rapporto con le nuove tecnologie.
Un’istantanea utile per capire verso quale direzione si sta andando in
Italia e quale livello di incidenza stanno acquistando i media nelle nostre
vite.

Il dato sicuramente più significativo ed eclatante del Rapporto, anche se
forse non del tutto inaspettato, è però quello relativo all’utenza dei
social network. Un italiano su due, ben il 49% della popolazione complessiva, è iscritto ad almeno un
network on line. Un dato importante che impone una riflessione seria
sull’evoluzione e i cambiamenti delle dinamiche sociali e sulle possibili
conseguenze nelle relazioni sociali e famigliari che si potranno verificare
nei prossimi anni.

A questa forte spinta verso un uso sempre più intensivo e ossessivo dei new
media, fa riscontro un forte declino dei media tradizionali, che suona
quasi come un de profundis per la carta stampata. Oltre infatti
all’ormai inarrestabile crisi dei giornali cartacei, con una contrazione
delle vendite delle copie dei quotidiani del 34% negli ultimi 12 anni, si
inizia a registrare anche una piccola ma significativa parabola discendente
dell’audience delle principali emittenti generaliste sia per i contenuti di
intrattenimento sia per quelli di informazione. Anche qui, i media
tradizionali stanno cedendo il passo se pensiamo che ben il71% dei giovani tra i 14-29 anni usa Facebook ed il 65% Google come canali di informazione. Solo gli over 65,
come era prevedibile e a conferma dell’esistenza di un forte divario
generazionale, con un significativo 52,3% continuano a
usare i giornali cartacei come fonte principale di informazione. Un ultimo
dato. In questo scenario dove le tecnologie emergenti conquistano sempre
più spazio, la tv tradizionale continua ad esercitare il suo fascino sulla
totalità della popolazione e ad essere con il 95%
complessivamente ancora il medium principale, seguito però dall’ 86,3% dei cellulari (basic e smartphone).

Web, telefonini ultra evoluti e complessi, computer e tablet sono quindi
entrati con forza nella nostra vita quotidiana, rivoluzionando le nostre
abitudini e comportamenti non solo nelle relazioni sociali e nella
fruizione dei media, ma anche in ambito lavorativo, nello studio e nel
tempo libero. La nostra vita è quindi sempre più digital life, o
se vogliamo sempre più drasticamente dipendente dalle nuove tecnologie
digitali. Maggiore comodità e semplificazione della vita quotidiana in
molti casi, certo, ma a quale prezzo? L’ingresso così prepotente di
internet nelle nostre giornate porta alla ribalta una nuova ma
significativa questione relativa alla protezione dei propri dati personali.
Quanto sono sicuri e quanto sono realmente protetti nei siti dove
navighiamo, facciamo acquisti on line, socializziamo o condividiamo
emozioni ed esperienze? Una questione tra tutte è quella del pagamento, per
l’utilizzo dei servizi su internet gratuiti, tramite la moneta sonante dei
propri dati personali. Una gratuità quindi solo apparente. Otteniamo un
servizio in cambio della cessione di un bene importante come i nostri dati.
Che valore si dà alla propria privacy nell’era della digital life
e fino a che punto siamo disposti a barattarla in cambio di servizi che ci
promettono di semplificare la vita? Su questo il rapporto 2013 del Censis
presenta dei dati da cui annotiamo una forte contraddizione, forse figlia
della mancanza ancora di una piena e matura consapevolezza del problema.
Infatti, se emerge che ben il 93% teme che la propria
privacy possa essere violata on line e addirittura il32,1%, vale a dire il dato preoccupante di quasi un navigatore su tre, dichiara di avere effettivamente
subito conseguenze negative in materia di privacy, riscontriamo dall’altra
parte che ben il 36,7% non adotta ancora nessun tipo di
accorgimento per evitare possibili violazioni durante la navigazione
(password, limitazione dei cookies..).

A fronte quindi di una percezione di rischio molto elevata, nei fatti
soltanto una minoranza di utenti è effettivamente in grado di adottare una
gestione attiva e consapevole della propria privacy. Solo il 40,8% degli utenti infatti, secondo il Rapporto Censis, si
preoccupa di avere almeno una modalità di sicurezza durante la navigazione.
La difesa della privacy, è una questione che sarà al centro di importanti
dibattiti negli anni futuri e su cui sarà necessario intervenire presto,
soprattutto a livello legislativo, non solo in Italia ma a livello europeo
e mondiale, per dare agli utenti quelle garanzie e sicurezze attualmente
mancanti e per colmare quelle lacune, figlie troppo spesso di bieche
opportunità e convenienze commerciali.

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