lunedì, Dicembre 9 2024

E’ una classica domenica mattina d’estate. Per rilassarti decidi di andare a prendere un po’ d’aria “fresca” nel parco centrale della tua città. Guardandoti attorno, assisti ad una scena particolare: un padre e una madre seduti sulla panchina, ciascuno con il proprio smartphone in mano e il loro bambino in piedi accanto a loro che rimbalza tra un genitore e l’altro con le mani alzate alla ricerca di un’attenzione che non gli viene concessa o, semplicemente, con la voglia di giocare con il proprio papà o la propria mamma che non gli viene soddisfatta.

Una discussione calda di questo periodo storico è la preoccupazione sugli effetti dannosi che i nuovi strumenti tecnologici (tablet, laptop, smartphone, etc.) possono provocare ai bambini e ai ragazzi della tech generation che, spesso, distoglie la mente dal fermarsi, riflettere e spostare il focus anche sugli effetti negativi che la tecnologia sta provocando nel rapporto dei genitori con i loro figli; in particolar modo parliamo della ormai calibrata energia d’attenzione che alcuni genitori dividono tra il proprio figlio e il proprio cellulare.

Interessante, a proposito, è l’articolo di Vanity Fair che riporta la storia di un bambino statunitense che per un tema in classe dove gli si chiedeva quale fosse l’invenzione da lui più odiata e perché, palesò la sua disapprovazione nei confronti dei cellulari con la motivazione che: “i suoi genitori ci passano tutto il giorno”. L’articolo stesso parla di un’interessante ricerca condotta dal Digital Awareness UK e dalla Headmasters and Headmistresses Conference, dalla quale è risultato come, un bambino su tre, abbia apertamente richiesto ai propri genitori di limitare l’uso del proprio smartphone per dedicare loro più tempo.

E’ probabile che questa, chiamiamola, “attenzione parziale” da parte dei genitori possa influenzare l’educazione e la crescita psicoattitudinale dei propri figli? Secondo il Dr. Brandon McDaniel, sì, purtroppo, è possibile!

Il dottor McDaniel, come riportato dal sito nostrofiglio.it, ha condotto un’indagine su un campione di 170 coppie di genitori per testare se l’eccessivo utilizzo degli strumenti tecnologici di mamma e papà fossero alla base dei disturbi infantili del comportamento, come, ad esempio, iperattività, irrequietezza, disturbi dell’attenzione etc.

Nel dettaglio, il dottore statunitense ha posto ai genitori domande sulle loro abitudini quotidiane chiedendo a ciascuno di concentrarsi nella risposta su come e per quanto tempo utilizzassero il proprio device durante le conversazioni o durante delle attività con il proprio figlio. Quasi la metà degli intervistati ha ammesso che è solita guardare il proprio smartphone almeno tre volte al giorno mentre si sta facendo qualcosa con i propri figli.

Questo studio, pubblicato sulla rivista Child Development, ha portato alla luce il dato interessante che la mancanza di attenzione, anche per pochi istanti, potrebbe essere percepita da i nostri figli in modo negativo e potrebbe essere l’incipit di disturbo comportamentale.

Una conferma di quanto riportato, la possiamo trovare in un’altra ricerca condotta sempre negli USA. Questa volta per l’indagine non sono stati interpellati i genitori, ma 700 ragazzi adolescenti tra i 13 e i 17 anni nel rapporto con i loro genitori. Il 51% dei ragazzi ha affermato che mamma e papà sono spesso distratti dallo smartphone anche mentre si sta parlando con loro. L’elemento allarmante che ha scaturito questo studio è che mentre gli adolescenti sono più consci e responsabili nel riconoscere la loro dipendenza dal telefono dalle notifiche, questa consapevolezza viene meno nei “grandi” che sembrano non riconoscere la loro dipendenza dal dispositivo mobile che, anzi, credono di utilizzare in giusta misura.

E’ facile oggi, dunque, essere vittime di quella che ormai è considerata la malattia del 21° secolo, la cosiddetta Nomofobia, meglio nota come la sindrome da disconnessione che riesce a far ammalare sia adulti che bambini.

L’epoca delle nuove tecnologie altro non è che un bancone di sfida e prova per i genitori 2.0. che si ritrovano a spendere le proprie energie non solo nell’impartire una sana, classica, educazione verso i propri figli, quant’anche aggiornarsi costantemente per infondere ai loro bambini un’adeguata educazione digitale. Per far ciò il genitore 2.0. porta con sé una grande responsabilità, quella di essere un buon esempio non solo nella vita di tutti i giorni ma anche nell’uso personale della rete e delle nuove tecnologie. Bisogna quindi iniziare da se stessi e prendere consapevolezza di quanto siamo assoggettati all’oggetto che portiamo nelle nostre tasche o nelle nostre borse. Impegniamoci a “disconnetterci” e dedicare le dovute attenzioni e il giusto tempo ai nostri piccoli. Cerchiamo di far rivivere ai nostri figli, la bellezza della spensieratezza degli anni passati non caratterizzati da discussioni o comunicazioni in famiglia fatte tramite chat ma riuniti tutti attorno a un tavolo o il rapporto di amicizia fatto di relazione con l’altro, fisica e visiva, piuttosto che virtuale non tralasciando gli aspetti positivi che, comunque, l’innovazione tecnologia ha portato nelle nostre vite. Proviamo a piantare in tutta la nostra famiglia, il seme del discernimento che ci aiuti a distinguere ciò che è veramente utile o meno nella nostra vita e che la nostra felicità e la nostra soddisfazione personale derivano dal mondo reale piuttosto che da quello digitale.

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