lunedì, Dicembre 9 2024

Sempre più spesso, le famiglie sono diventate ambienti multiscreen, dove vivono, almeno un televisore, uno smartphone, un tablet, un computer e una console per videogiochi. Questa realtà sta trasformando aspetti importanti della vita familiare: gli schermi contribuiscono in modo significativo a facilitare la gestione della quotidianità, ma allo stesso tempo sono diventati una fonte di conflitti e preoccupazioni per i genitori.

Questi ed altri interessanti aspetti relativi alla presenza e all’uso degli schermi nella vita quotidiana sono stati affrontati in una recente ricerca spagnola condotta, a giugno 2018, su un campione di 1400 famiglie con figli minori di 18 anni. L’indagine è stata commissionata da Empantallados.com, una piattaforma per padri e madri, nata per la promozione di un accompagnamento educativo nel mondo digitale.

Attraverso un sondaggio anonimo condotto da GAD3, una società spagnola che si occupa di ricerca e comunicazione sociale, è stata scattata una fotografia delle famiglie con figli piccoli nel loro rapporto con la tecnologia, e con gli ‘schermi’ in particolare. Lo studio è arricchito, inoltre, dalla riflessione di un esperto che aiuta a contestualizzare i dati e da alcuni consigli di genitori per i genitori, per aiutarli a comprendere meglio questa nuova dinamica familiare in cui è necessario bilanciare spazio e tempo dedicati alla vita digitale e non digitale. Dati, commenti, interviste, consigli, sono messi quindi al servizio di un fine educativo ragionevole e ragionato.

E’ ormai immediato pensare a una scena familiare in cui ogni membro stia consumando contenuti su uno schermo diverso, mentre magari qualcun altro è impegnato a fare acquisti on line, e il figlio conversa con la nonna lontana, mostrandole l’ultimo bel voto a scuola.

Le nuove tecnologie riducono le distanze. Ma cosa sta succedendo con quelli più vicini? Gli schermi aiutano la gestione familiare, il rapporto con la coppia o con i bambini?

La ricerca spagnola parte da queste domande per arrivare a definire una diagnosi della situazione attuale e offrire una riflessione approfondita sulla questione.

Rapporto con la tecnologia, la mediazione dei genitori

Il rapporto delle famiglie con la tecnologia e gli schermi sembra, a tratti, paradossale. Gli schermi facilitano la gestione domestica e la comunicazione, ma hanno introdotto elementi di conflitto in casa e sfide educative senza precedenti per i genitori.

Nella maggior parte dei casi, ovvero per il 66% degli intervistati, viene rilevato il potenziale positivo dell’uso degli schermi per la gestione della vita quotidiana familiare, il che, però non significa, che poi, quegli stessi dispositivi non diventino, o possano diventare anche fonte di conflitto in famiglia. E questo capita soprattutto quando i genitori rilevano una esposizione prolungata agli schermi da parte dei figli, oppure quando sono preoccupati dai contenuti e dalle immagini cui possono essere esposti. “La necessità di stabilire limiti chiari sulla tecnologia e garantire l’equilibrio nelle attività dei nostri figli – viene evidenziato nella ricerca -, aggiunge l’importante compito di sapere cosa fanno su Internet”.

I genitori hanno un nuovo ruolo: la mediazione tra i loro figli e la tecnologia. Questo accompagnamento deve essere basato sulla fiducia e sulla sicurezza
di coloro che hanno criteri chiari per l’azione, e questo implica avvisarli dei rischi di Internet, approfittando delle opportunità offerte proprio dalla tecnologia. Stare vicino a loro sulle loro connessioni Internet, guardare certi segnali di allarme o parlare spesso di ciò che visitano sul web, sono alcuni suggerimenti per trasformare le paure dei genitori in motori di azione.

E quindi, quando l’uso degli schermi diventa eccessivo, un modo per ‘disintossicarsi’ potrebbe essere quello di lasciare i dispositivi lontani dal tavolo da pranzo, per favorire il dialogo a tavola; fuori dalla camera da letto, per evitare di addormentarsi tardi e con il cellulare tra le mani; in macchina evitare il wifi, in modo da approfittare del viaggio come momento di confronto e discussione, oppure lasciare il cellulare ‘parcheggiato’ fuori dalla loro stanza durante il periodo di studio, per evitare distrazioni.


Una volta che abbiamo stabilito i tempi, come proteggiamo i bambini all’interno dell’ambiente digitale?

La ricerca, attraverso una serie di domande specifiche, ha analizzato anche questa questione percepita come urgente da parte di molti.

I genitori, infatti, sono consapevoli di avere assunto un ruolo essenziale nella protezione dei loro figli, e questo si estende anche alla loro protezione su Internet. E, nel contempo, ci si rende conto di quanto una mediazione genitoriale efficace aiuti a educare utenti digitali che siano responsabili e corretti.

L’approccio al compito di mediazione dei genitori si basa essenzialmente su tre assi di azione: azioni di controllo, come l’installazione di controlli parentali nei dispositivi. Azioni di accompagnamento, ovvero, essere vicini quando navigano, conoscere ciò che consumano su Internet e generare conversazioni su questo; e, infine, azioni di impegno familiare, quindi, creare una cultura familiare digitale, con chiari limiti e regole d’uso, che permettano di essere riviste quando qualcosa non funziona.

Ma qual è l’età giusta per il primo ‘schermo’? Prima il tablet, o il cellulare?

Le famiglie intervistate ritengono che l’età media per un tablet sia di 10 anni. Più tardi, a 13, il primo smartphone. Ma la maggioranza lo ha ricevuto tra gli 11 ei 12 anni. Cioè, prima dell’età che gli stessi intervistati considerano adeguati. Questa domanda riapre, inoltre, il dibattito sull’età approssimativa per il primo mobile.

Per la maggior parte dei genitori non ci sono ricette magiche, poiché molti fattori motivano la consegna del primo schermo. Forse, il più importante, è il carattere e la situazione di ogni bambino.

Ma con l’accesso agli schermi arrivano anche i ‘primi profili’ e l’uso individuale di internet, e i problemi aumentano, o almeno potrebbero aumentare. Le maggiori preoccupazioni dei genitori intervistati sono: cyberbullismo, il rapporto con estranei, accesso a contenuti inappropriati, perdita di tempo e sovraesposizione della loro immagine. Una soluzione, proposta dall’esperto, è il riferimento a regole certe, quasi alla
creazione di una sorta di contrattazione con i figli sull’uso dei dispositivi tecnologici, e questo sia con riferimento al tempo di utilizzo, ai luoghi, ai contenuti. Arrivare ad un accordo in questo senso può servire a limitare le situazioni di conflitto e comunque a favorire il dialogo e la condivisione. E, non dovrebbe mancare, come viene sottolineato nello studio, la proposta, costante e periodica, di quelle che vengono definite ‘alternative’, ovvero una gita al parco, una escursione a contatto con la natura, insomma, tutte quelle occasioni che consentono di non perdere completamente il contatto con la realtà circostante, quella vera, quella reale, appunto.

I genitori e le nuove tecnologie, modelli da imitare o esempi da evitare?

I genitori, essendo il modello da imitare dai loro figli, dovrebbero essere, i primi a praticare l’autocontrollo degli schermi a casa.

Il corretto utilizzo della tecnologia è diventata una ‘battaglia personale’ per i genitori, e questo sia con riferimento all’educazione digitale, sia con riferimento all’uso proprio dei vari dispositivi, cellulare in testa.
Anche per gli adulti, genitori, infatti, l’uso di schermi non è solo relegato al tempo libero, ma è diventato uno strumento essenziale per il lavoro e la gestione familiare del quale si fa fatica a fare a meno, o a limitarne l’uso.

Sebbene più della metà consideri di fare un uso adeguato degli schermi, e quindi si presenti come un buon riferimento per i bambini, 3 genitori su 10 ammettono di farne un uso eccessivo, addirittura più intenso di quello dei bambini stessi. Solo l’8% dei genitori intervistati afferma di non utilizzare quasi mai gli schermi a casa. La conclusione è che con il loro comportamento, i genitori offrono numerose opportunità per presentare modelli equilibrati di relazione con la tecnologia. Se chiediamo ai figli di rispettare determinate regole, forse dobbiamo cominciare da noi genitori…

E quindi tra i consigli proposti ce ne è uno molto immediato: ‘non tornare a casa con il cellulare incollato all’orecchio senza nemmeno salutare coloro che sono in casa’. E anche ‘disegna una separazione tra tempo di lavoro e tempo di famiglia. A volte, un semplice gesto, come non lasciare il cellulare in vista, può contribuire alla tua disconnessione. Imposta momenti esclusivi di attenzione per la tua famiglia: ad esempio, ricevi tuo figlio dopo la scuola senza guardare il telefono o entra nella casa senza elettrodomestici. Sii il primo a liberare la tavola dei pasti da cellulari e altri dispositivi. Prova a ‘dimenticare il telefono’ durante gli eventi familiari e le escursioni”.

Una nuova sfida educativa: come gestire le nuove tecnologie

Alla domanda, ‘ quanto i genitori si sentono preparati ad affrontare la sfida della gestione delle nuove tecnologie?’ il 60% ha risposto che vorrebbe saperne di più sull’educazione digitale dei
propri figli. Ma c’è anche un 9% riconosce di essere sopraffatto dal problema e dichiara di avere gettato la spugna.

La conclusione cui giunge lo studio è che l’educazione digitale dovrebbe essere un mezzo per lo sviluppo personale e non una ragione per discutere e combattere a casa. Per questo è necessario partire molto presto, con linee guida chiare stabilite sin dall’inizio con buon senso e mirate alla crescita dei bambini. In questo modo la tecnologia può essere realmente vissuta come una opportunità educativa e di crescita per tutta la famiglia.

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