giovedì, Marzo 28 2024


Le aziende dell’high tech conquisteranno il mondo… o forse, già lo
hanno conquistato.

L’avanzamento tecnologico è una costante dell’epoca in cui viviamo e le
aziende del settore tech costituiscono la “mano invisibile” che governa le dinamiche
soggiacenti.

L’industria multimilionaria sorta in Silicon Valley poche decadi fa -e che
abbiamo guardato con stupore, ottimismo, ammirazione e talvolta anche
idolatrato- gestisce molti dei servizi che utilizziamo, o dei prodotti che
consumiamo che ci sono distribuiti a domicilio da uno di questi giganti
della e-economia. C’è stato però successivamente un cambio di rotta, un “contraccolpo” che ci ha portato a guardare con occhio più critico
quelle che ormai sono le aziende più potenti del pianeta. Non è da meno,
perché la capitalizzazione delle “magnifiche sette” (Amazon, Microsoft, Alphabet, Facebook, Tesla e Netflix) supera ormai il PIL di
Germania, Italia e Spagna assieme.

A raccontare questo passaggio dal tecno-utopismo al tecno-dispotismo Nirit Weiss-Blatt, ricercatrice dell’Università di
Southern California, Annenberg School for Communication and Journalism.

Nel suo libro The Techlash and Tech Crisis Communication
evidenzia come e in che modo le aziende tecnologiche hanno risposto al
sentimento negativo che andava diffondendosi e apporta una sintesi delle
lezioni da trarne. Lo fa attraverso un’accurata ricerca a partire di queste
fonti: analisi della copertura giornalistica specializzata su queste grandi
aziende (con dati del cloud del IMT), analisi del contenuto delle risposte
alle crisi delle aziende tecnologiche (nei loro comunicati stampa
ufficiali) e interviste con attori su entrambi i lati della storia:
giornalisti tecnologici e professionisti delle pubbliche relazioni.

Infatti, l’attenzione dei media per la tecnologia è cresciuta di pari passo
con l’industria stessa e si è passati da soli articoli su riviste e blog di
settore, che raccontavano per lo più novità e anticipazioni sui prodotti di
lancio, ad una copertura massiccia su tutti i media.

In questo scenario un ruolo chiave lo hanno ricoperto non solo i media
generalisti o i blog e le riviste di settore, ma anche le stesse aziende
tecnologiche che si sono affidate ad agenzie di pubbliche relazioni per
promuovere i propri prodotti, aumentarne il pubblico e di conseguenza
attirare investitori.

Quindi, da un lato abbiamo i media che nel tempo iniziano ad interessarsi
sempre di più alle nuove Startup innovative e alle figure, quasi
mitologiche, dei loro giovani CEO, figure e

narrazioni iconiche che attiravano un numero sempre crescente di
lettori

. Dall’altro lato abbiamo le startup della tecnologia che crescono a visto
d’occhio, ed erano ben aperte al raccontarsi andando alla ricerca di
visibilità, notorietà e soprattutto investitori che gli
consentissero di crescere e poter sperimentare il futuro che attraverso i
loro prodotti e servizi stavano creando.

Già nel 1964 Umberto Eco, nell’analizzare il tema della cultura di massa e
dei mezzi di comunicazione ci palava di Apocalittici e Integrati, definendo
“apocalittici” gli intellettuali che esprimono un atteggiamento critico nei
confronti della moderna cultura di massa, e “integrati” coloro che ne hanno
una visione ingenuamente ottimistica. Simile è la narrazione e le deduzioni
che derivano dalla ricerca di Nirit per il techlash e il sentimento che ruota attorno allo
strapotere delle Big Tech.

Dal tecno-utopismo al tecno-dispotismo

Abbiamo una prima fase di ottimismo in cui la copertura
mediatica relativa alle innovazioni delle industrie tecnologiche le dipinge
come positive e avanguardistiche, seguita da un contraccolpo che vede come anno decisivo il 2017 in cui si inizia a guardare a queste
aziende in maniera critica e disincantata.

Le controversie relative alle elezioni Presidenziali del 2016, che hanno
portato alla vittoria di Trump, rappresentano il punto di svolta che ha
fatto traboccare un vaso già stracolmo di sospetti, critiche e diffidenza
nei confronti dei colossi della tecnologia.

I principali scandali tecnologici di quest’anno chiave includono:

  • Le accuse di interferenza elettorale russa (che coinvolge
    principalmente Facebook, Google e Twitter) ancora non chiarite.
  • La vicenda di Cambdrige Analytics: Nel 2018 Facebook ha venduto i dati
    personali di 87 milioni di utenti a loro insaputa a terzi a scopo di
    propaganda politica.
  • Casi di disinformazione/disinformazione, contenuti estremisti e
    incitamento all’odio o notizie false (ad esempio, dopo la sparatoria di
    Las Vegas).
  • Accuse di una cultura contro la diversità, le molestie sessuali e la
    discriminazione (ad esempio, le accuse di Susan Fowler contro Uber nel
    febbraio 2017..

Le storie lusinghiere sui prodotti di consumo si sono evolute in pezzi
investigativi sulle pratiche commerciali, che hanno colto di sorpresa le
aziende tecnologiche e i loro team di comunicazione. Siamo negli anni del Techlash, in cui l’attenzione si
sposta dai nuovi prodotti lanciati sul mercato ai misfatti aziendali.

Le Big Tech sono da quel momento sotto l’occhio critico dei media e
dell’opinione pubblica che non li percepisce più come “salvatori” ma
piuttosto come potenziali “minacce”.

Ma, in realtà dalla ricerca presentata all’interno del libro, emerge come
il rapporto tra i colossi della tecnologia ed i media non sia stabile ma
piuttosto “un giro sulle montagne russe”; puoi essere in cima al
mondo solo per ritrovarti un attimo dopo a sfrecciare verso terra.

Ad aggravare il sentimento di scontento nei confronti delle problematiche
che emergono c’è la mancanza di strategia e metodo da parte delle agenzie
PR delle aziende.

La sezione post-techlash invece vede una battuta di
arresto dovuta alla spinta della pandemia da covid-19 che ha visto il
proseguire di molte attività, economiche e sociali, proprio grazie al
supporto dei servizi e dei prodotti erogati dalle big tech. Basti pensare
ad Amazon o ancora agli strumenti di Microsoft sul lavoro che hanno
consentito di superare, o meglio aggirare, in qualche modo il
distanziamento ponendosi come alleati nel contenimento della diffusione del
virus.

Ma questo periodo di ritorno all’epoca d’ora è durato poco, infatti, molto
rapidamente, i problemi di Techlash sono riemersi. Questi riguardano:
moderazione dei contenuti, trasparenza degli annunci, disinformazione,
responsabilità algoritmica, diritti dei dati e antitrust.

Altri scenari

Il libro della Nirit Weiss-Blatt si centra negli Stati
Uniti, ma in un mondo globalizzato e quasi perfettamente connesso, è
importante analizzare il fenomeno, tenendo conto altri scenari, come
l’Europa e non solo.

Così, come per le elezioni americane del 2016, anche il referendum sulla
Brexit è stato fortemente influenzato dalla propaganda politica presente
sui social network. Alcune inchieste, come quella pubblicata dal giornale
britannico The Guardian che, analizzando circa 7,5 milioni di
tweet ha mostrato come, nei 23 giorni precedenti al referendum, l’attivismo
dei leave era maggiore rispetto a quello dei remain,
mostrando che il popolo britannico è stato sovraesposto a dei messaggi
favorevoli alla Brexit nei giorni antecedenti la firma del referendum.

Negli anni del techlash inoltre, l’Unione Europea ha tenuto un occhio
attento e vigile nei confronti delle Big Tech e si è mossa verso il
contenimento dello strapotere di queste ultime, stabilendo regolamenti
comunitari in termini di protezione dei dati e ponendo sanzioni e multe da
capogiro per evitare la concorrenza sleale.

Il referendum per l’accordo di pace nella Colombia (2016) è stato un altro
flop del giornalismo mainstream e degli istituti di sondaggio nel che
sicuramente c’entrano le reti sociali, ma del quale si sa di meno.

Conclusioni

Nonostante ciò, non possiamo ignorare i benefici che la tecnologia ha
apportato nelle nostre vite. Grazie alla tecnologia abbiamo avuto la
possibilità di lavorare e continuare a formarci dal sicuro spazio che
costituivano le nostre abitazioni in tempi di pandemia, e non dobbiamo
dimenticare che le migliori innovazioni tecnologiche hanno reso accessibili
strumenti e migliorato la vita di tante persone con disabilità fisiche o
motorie. Questo solo per citarne alcuni.


La tecnologia, internet e i social media, sono una finestra sul mondo
che viene ogni giorno resa aperta e resa accessibile a tutti

. In questo mondo si può si essere manipolati, ma allo stesso tempo, si può
avere accesso facile ad una moltitudine di informazioni e ci si può
esprimere come meglio si crede.

Le nuove tecnologie e i nuovi mezzi di comunicazione rappresentano una
rivoluzione per l’umanità di cui non possiamo fare a meno

.

Ciò che però va sempre tenuto presente è che:


“quando costruisci le cose, sei responsabile per le persone che le
usano. Devi pensare a cosa potrebbe andare storto invece di
presumere che tutto andrà bene”.


Previous

“Digital Global 2022 Report” fotografa le tendenze del mondo digitale

Next

Quali argomenti vogliamo sulle riviste lette dalle nostre adolescenti?

Check Also