giovedì, Marzo 28 2024

Tutto il mondo è ancora alle prese con la pandemia da coronavirus e, se in
alcuni Paesi si è in piena emergenza e le scuole non vengono riaperte,
lasciando molti studenti nella povertà educativa non avendo i mezzi per
poter accedere all’apprendimento a distanza, nell’emisfero Nord la fine
dell’estate e il rientro dalle vacanze quest’anno è stato segnato dal
“toto-scuola”: riapertura sì, riapertura no? Chat dei genitori di classe
bollenti, e se hai più di due figli è davvero difficile mantenersi sul
pezzo! Tutti diventati improvvisamente esperti epidemiologi, virologi,
statisti; ognuno espone la sua idea e si va dal catastrofista, per il quale
la scuola non riaprirà più fino al 2023, al moderato, che con calma afferma
che riaprirà certamente ma dopo poche settimane richiuderà per poi riaprire
e richiudere ad libitum, all’inesorabile ottimista, per il quale
ormai il virus non c’è più (ammesso che ci sia mai stato!) perciò non c’è
motivo di non aprire.

Ma nel mare di chiacchiere in cui abbiamo nuotato, senza però trovare
refrigerio alla calura d’agosto, per me, donna e mamma, era bene mantenere
la rotta puntando lo sguardo sui diretti interessati: gli scolari!

Siamo stati molti mesi senza la scuola, luogo di riferimento, almeno
dovrebbe esserlo, per bambini e ragazzi. Un’assenza che, se all’inizio è
stata presa da loro con entusiasmo, a lungo andare li ha lasciati smarriti.
Sì, perché non siamo isole e la relazione è la base della formazione del
nostro essere uomini e donne, sin dai primi momenti di vita.

Per questo la scuola prima che luogo di trasmissione di conoscenze,
dovrebbe essere luogo di formazione della persona; se la si vede solo come
ambito didattico è facile cadere nell’efficientismo, che poi purtroppo
nella nostra scuola è sempre un’illusione, e allora pensare solo a
“sanitizare”, riorganizzare le classi, acquistare banchi monoposto, con o
senza rotelle, e mille altre questioni organizzative.

Se fosse così allora si potrebbe fare scuola con la ormai ben nota DAD
(didattica a distanza): studenti a casa e insegnanti a casa, ma dove
sarebbe la persona? Dove la trasmissione di quelle conoscenze non solo
tecniche, ma umane che derivano dall’esperienza dell’adulto che in quel
momento ha in mano le vite dei nostri ragazzi? Dove quel meraviglioso
compito dell’insegnante di educare, da educere tirar fuori il
meglio e il bello da ciascuno, e insegnare, cioè imprimere, lasciare un
segno non solo nella mente ma anche nell’animo?

Abbiamo attraversato una crisi, ma una crisi comporta un rinnovamento,
quando se ne esce. Come la scuola potrebbe rinnovarsi? Potremmo pensarla,
per esempio, come un organismo vivente, fatto da persone: gli alunni, che
sono la generazione del futuro, e gli insegnanti, che devono prendersene
cura; il sapere è come il sangue che circola nell’organismo per dare
impulso vitale e slancio nell’affrontare l’impresa della vita. I giovani
sono una forza esplosiva, adulti in potenza, che, come cellule pluripotenti
che devono differenziarsi per avere ognuna la sua specializzazione, devono
trovare ognuno la propria identità. Tutti ed ognuno meravigliosamente
unici, pieni di forza e di vita, di entusiasmo; spugne che assorbono ciò
che si mostra loro. Per questo ciò che è importante più di ogni altra cosa
è l’esempio; la scuola non dovrebbe essere una noiosa spiegazione di
concetti, ma dovrebbe insegnare la bellezza: il bello della vita. E questo
non può essere trasmesso dai libri, ma dalla testimonianza che un
insegnante dovrebbe dare, in modo da conquistare gli alunni, motivandoli e
destando il loro interesse. Dall’interesse alla vita nasce poi spontanea la
curiosità per il sapere; se invece iniziamo dal dover sapere, tutto diventa insopportabilmente noioso e soprattutto senza scopo ed ecco nascere
l’apatia che molti trovano nei nostri giovani.

Ma la testimonianza di cui parliamo è fatta di carne, quindi non si può
trasmettere on-line, ma passa dalla viva presenza del docente, che ci si
augura sia lui per primo un appassionato della vita, della verità delle
cose e dell’amore per le persone.

La tecnologia aiuta, e molto! Grazie ad essa i nostri figli sono potuti
andare avanti e terminare i programmi dello scorso anno. Tuttavia abusare
della tecnologia in una società già ipertecnologica può portare solo alla
solitudine e preclude quel contatto diretto (ma sempre distanziato in tempo
di covid….) dal quale scaturisce l’esempio e che sollecita la passione per
il sapere, cosa che da un computer non uscirà mai.

Quelle aule vuote per mesi, quei corridoi rimasti deserti hanno finalmente
di nuovo voci di bimbi eccitati che le percorrono e passi di ragazzi e
ragazze vibranti di emozioni adolescenziali, che sono il futuro delle
nostre società. Abbiamone cura!

Riaprire la scuola è stato importante: è voluto dire dare speranza ai
giovani, ma non sull’onda di un “andrà tutto bene” che suona un po’ troppo
da film americano, perché, se hai vissuto la paura del covid o la morte di
un parente, quella frase non basta; i nostri figli hanno sete di speranza,
che non si dà con le frasi ottimistiche, ma si trasmette con la voce, con
le azioni. E hanno fame di senso del vivere e di qualcuno che gli trasmetta
il gusto della vita quotidiana.

Questa ripresa, incerta, traballante, con molte scuole ancora impreparate
ad accogliere gli studenti, con classi metà in presenza e metà a casa con
pessima connessione internet, con insegnanti che vedono minare il loro
entusiasmo dalle mille difficoltà burocratiche e pratiche che si trovano ad
affrontare, insegna che la vita non sempre fila liscia, ma che anche nelle
difficoltà più ardue non bisogna perdere la speranza e bisogna andare
avanti con i mezzi che si hanno, facendo il meglio che si può fare. “Chi si
ferma è perduto”, dice un antico detto proverbiale: ricominciare significa
crescere, mettersi in gioco nella difficoltà, prendere il momento difficile
come un’occasione per crescere e rinnovarsi.

Io da mamma sono stata felice che le mie figlie hanno ripreso ad andare a
scuola, ho visto la gioia nei loro occhi, magari durata solo due giorni, ma
è sorprendente se pensiamo ai musi lunghi degli scorsi anni al solo
pensiero dell’inizio della scuola! Solo questo basta per capire
l’importanza imprescindibile della scuola nella quotidianità dei nostri
figli.

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