giovedì, Giugno 1 2023

Io e gli altri. Dall’identità alla relazione, Edusc, Roma 2010

Diceva Pascal che “ogni disgrazia viene agli uomini da una cosa sola: il
non saper restare in riposo in una camera” (Pensieri, n. 139).
L’acuto giudizio pascaliano non è certo solo un’invettiva contro
l’attivismo, ma una difesa della necessità di studio, riposo e meditazione,
nel suo stile paradossale tipico.

Mi consenta il lettore una digressione quasi intima per introdurre la
recensione del libro Io e gli altri. Dall’identità alla relazione
del prof. di Antropologia filosofica dell’Università della Santa Croce,
Antonio Malo. Le circostanze personali dell’estate mi hanno fatto avverare
la sentenza del filosofo e matematico francese e commisurarmi con
l’impegnativo ma illuminante libro. Finito l’obbligato riposo dovuto a un
problema di salute, mentre trascorrevo alcuni giorni in paese con la mamma,
85 anni, vedova da tre, le ho detto in un momento di confidenza, così, per
renderla felice: “mamma, ho letto un libro che mi ha fatto capire che né io
i
fratelli -e, detto fra di noi, tutti e gli altri quattro le vogliono bene e sono
bravissimi a manifestarglielo- possiamo sostituire il vuoto lasciato da
papà”. Ovvietà quasi banale, “riscoperta” nella lettura del libro. Mia
madre ha risposto di scatto, con la naturalezza di chi ha imparato
l’antropologia essenziale amando nella vita: “Ma certo, e come può essere?
Lui (mio padre) è me e io (mia madre) sono lui”. Poi, mentre continuava a
sbrigare le vicende domestiche con la stessa ordinarietà di sempre, mi
faceva rivedere –ancora una volta!- le fotografie, le lettere, i ricordi
dei figli. La conoscenza sapienziale di una madre ha riassunto in un attimo
fuggente una delle idee ritrovate in termini accademici nel libro di Malo,
dove l’autore offre un’analisi antropologica molto moderna e al contempo
antica della struttura della persona umana.

Crisi dell’identità sessuale

A mio giudizio, la novità di questo riuscito e maturo tentativo di pensare
ancora una volta l’identità personale è proprio la scoperta del carattere
costitutivo della relazione, delle relazioni. Alcune
relazioni sono date o imposte dalla biologia (filiazione, fratellanza,
paternità e maternità), altre spontanee o naturali (eros e amore), altre
libere (amicizia). Ma tutte sono “disponibili” ad essere integrate e
portate a compimento in modo da farci
diventare ciò che siamo chiamati ad essere e ancora non siamo. Proprio
perché siamo essere corporei e quindi temporali. Ognuno di noi è certo una
“sostanza individuale di natura razionale”, ma siamo anche ciò che facciamo
(meglio ciò che“agiamo” ) e anche
ciò che gli altri hanno lasciato in noi nel nostro relazionarci con loro.
Siamo quindi anche la nostra “biografia”.

Come dice l’autore, l’identità e la relazione, concetti solo apparentemente
astratti, hanno a che vedere con “una realtà concreta e singolare come la
corporeità umana, ma soprattutto con ciò di cui essa è condizione, ovvero
con l’Io, sorgente degli atti umani, i quali sono rivelatori della stessa
irripetibilità personale. Questo saggio mostra il rapporto fra queste
realtà perché –e questa è la tesi centrale del libro- l’origine e il
destino della libertà umana nella relazione con le altre persone” (p. 7).

Il saggio è diviso in cinque capitoli. Il primo prende spunto da ll’attuale
crisi dell’identità sessuale (questione del gender) per andarne
alla radice: la crisi dell’identità e le sfide che essa presenta.
Attraverso una breve analisi storica di questa crisi, Malo rende visibile
l’importanza della differenza sessuale uomo-donna non solo nella
costituzione dell’identità personale, ma soprattutto nelle relazioni
interpersonali, familiari e sociali.

Nell’andare in fondo a questa crisi, nel secondo e terzo capitolo, in
dialogo critico con il decostruzionismo francese (specie Derrida e
Foucault) e il femminismo di genere, l’autore mostra come il
decostruzionismo ha dato un sostegno ideologico alle richieste del
femminismo rendendolo, in buona misura, un’ideologia dell’individualismo
frammentato, della esperienza slegata, del momento, della dissoluzione
dell’io. Malo propone un nuovo approccio per comprendere l’identità e la
relazione: “Individuo sessuato, io e personalità sono studiati attraverso
il loro rispecchiarsi nel dono, in quanto esso è in grado di assumere i
diversi livelli dell’identità e le loro differenze”. Questi due capitoli,
sicuramente i più impegnativi, ripensano e ripropongono audacemente una
antropologia metafisica della persona, che suppone le acquisizioni della
filosofia classica e che risponde alle sfide che la critica moderna
(identità come autocoscienza) e tardo moderna (rifiuto dell’identità e
sostituzione delle differenze) ha posto alla comprensione della persona e
della natura umana.

Il quarto capitolo studia la famiglia come trascendenza dell’unione delle
differenze. Si esaminano i diversi tipi di rapporti all’interno della
famiglia e il loro influsso sull’identità personale. “Il concetto di generatività (generazione, educazione o crescita della persona) è
la chiave di volta per spiegare il significato di questi rapporti
familiari” (p. 19). Particolare attenzione e interesse merita l’epigrafe
sul ruolo della famiglia nello sviluppo delle radici antropologiche della socialità o virtù della fabbrica
sociale (pietà, osservanza, onore, obbedienza, veracità, affabilità,
liberalità, gratitudine e rivendicazione).

Il capitolo quinto esamina l’amicizia come espressione più personale del
rapporto umano e quindi modello o paradigma ideale di tutte le relazioni.
Essa è la più personale delle relazioni e quindi potenzialmente la più
umanizzante; perciò se le sue caratteristiche sono presenti nelle relazioni
imposte o date, queste diventano perfezionanti della persona e non
distruttive.

La struttura dell’identità: persona, io e personalità

Non è semplice riassumere in poche righe la sostanza del libro di Malo. Lo
farò riprendendo le sue parole conclusive, che presentano dei lineamenti
per una antropologia della relazionalità umana. L’autore sostiene che vi è
una struttura tripartita dell’amore umano, fatta da bisogno, auto dominio e
donazione, che si corrisponde con la struttura tripartita della persona
(essere personale, io e personalità):

“Ogni tipo di amore umano nasce sotto forma di bisogno nei confronti
dell’altro e, quando matura, dà luogo alle virtù che permettono la
donazione. Il fine della donazione è rendere l’altro capace di auto
possedersi per potersi donare a sua volta (…) Dipendenza, virtù e amicizia
servono alle persone per entrare in relazione e, attraverso di essa, poter
crescere e maturare come persone. Questa struttura di
dipendenza-virtù-amicizia, che possiamo rintracciare all’origine
dell’identità personale, si trova anche in ogni tipo di amore: nell’amore
umano (paterno-materno, filiale, fraterno) ed anche nell’amore
sopranaturale. Ognuno di questi tipi di amore incomincia essendo un bisogno
per diventare donazione” (p. 348). Malo ricorda opportunamente che non si
deve scambiare la donazione con i sentimenti, con la volontà di fusione, di
potenza, ecc: “La differenza tra la volontà di potenza e la donazione
deriva dal fatto che la prima tende ad imporsi in modo chiaro
(sottomettendo l’altro) o mascherato (obbligando l’altro a dare o facendolo
sentire in colpa per la sua inadeguatezza), la seconda, invece, dà
all’altro a sua volta la potenza di donarsi. Perciò essa è caratterizzata
da tre elementi: rispetto della persona, autonomia, e comunicazione” (p.
358). Ovviamente, questo sta postulando una donazione eternamente fedele e
non bisognosa a fondamento dell’amore umano, che non è autosufficiente,
quindi un Amore originario.

La corrispondenza di questa struttura tripartita dell’amore con quella
della persona è quasi speculare: essere personale, Io, personalità sono i
tre perni della persona concreta e singola. “Nel ricevere l’essere, la
persona umana comincia ad esserlo radicalmente e per sempre. L’essere, in
quanto ricevuto, è posseduto dalla persona. Il ricevere l’essere –o
possedere l’essere- è l’essenza umana, la quale è l’inizio dell’amare. Di
conseguenza, l’amare appartiene all’essenza. A differenza dell’essere che
–sebbene si origini nel tempo – è perfetto, l’amore ha bisogno del tempo
per maturare (…) Per cui all’interno dell’essenza personale si può
distinguere fra ciò che è naturale (la potenza di amare) e ciò che è
personale (l’attualizzazione che, in quanto implica quella degli altri, è
sempre relazionale)” (p. 351).. Ecco perché senza l’autodominio, la
perfezione del’Io etico, non ci può essere donazione. Ma l’autodominio, la
virtù, non è fine a se stessa, come nell’ideale stoico o nel volontarismo
etico. “Solo quando si apre (l’Io) all’alterità senza cercare di
fagocitarla, L’Io incomincia ad essere personalità. Nella personalità, l’Io
è aperto radicalmente all’altro. L’Io non si possiede più se non per
comunicarsi. Con la donazione propria, la persona porta a termine il suo
dover essere (…) L’essenza umana, quindi, è costituita dall’alterità non
solo in quanto oggetto della propria intenzionalità e della simmetria, ma
anche in quando soggetto di gratuità e comunione. Così la personalità altro
non è che la comunione del proprio Io con l’altro: di se stesso, di ciò che
si possiede, dell’amore per l’altro. Pensare la relazione non solo
nell’ambito della dipendenza ma soprattutto in quello della comunione,
significa pensarla come costitu tiva
dell’essenza personale, fine della persona e della stessa relazione” (p.
353-354).

Una proposta di guarigione

Il libro di Malo è una diagnosi e una proposta di guarigione di una cultura
ammalata e stanca, dove le persone, programmate per essere felici -e non
possono non volerlo- tentano invano di diventarlo contro il “programma”.
Stabiliscono “rapporti” che non integrano come relazioni perché non
vogliono i legami che essi comportano. Così, ad esempio, si cercano e
moltiplicano, attraverso la tecnologia, i rapporti virtuali, e si
confondono o ci si nasconde o ci si maschera in essi per fuggire le
relazioni, i legami.

Che dire della cultura simbolica creata dai media, specie le immagini della
famiglia e le relazioni familiari da essi dipinte ? Tutta la
cultura che abbiamo assorbito, che assorbiamo inconsapevolmente, non ci
prepara ad
amare. La cultura simbolica costruita tramite i racconti di cinema,
romanzi, tv, ecc. parlano solo dell’amore romantico, che è il primo passo,
semmai, dell’amore. La cultura ambientale è permeata di egoismo mascherato
di sdolcinatezza e ipocrisia. Poi ci sono agguerrite minoranze con
un’agenda di trasformazione culturale nella linea dell’ideologia de gender che influiscono fortemente sui media e attraverso i media
per cambiare il rapporto natura e libertà.

Come nota di umore, che illustra quanto detto,
ripropongo un file che gira in Internet dal titolo Software Moglie 1.0. Un cliente del nuovo programma si rivolge
alla ditta informatica che glielo ha fornito informandola dei problemi di
uso e richiedendone soluzioni “tecniche”:

“Egregi Sig.ri del Servizio di Assistenza: l’anno scorso ho cambiato la
versione Fidanzata 7.0 per la versione Moglie 1.0 e ho
osservato che il programma ha dato vita ad un processo inaspettato di Figlio 1.0 che mi occupa molto spazio e risorse importanti.
Nell’opuscolo esplicativo del programma non veniva fatta menzione alcuna di
questo fenomeno. Inoltre Moglie 1.0 si auto installa in tutti gli
altri programmi e si avvia in automatico all’inizio di qualunque altra
applicazione, interrompendo tutte le attività del sistema. Applicazioni
come: uscita-in-bici 2.3; viaggi-di-avventura 4.0;notte-di-divertimento-con-amici 2.5; scalata-domenicale 5.0 non funzionano più oramai, e la cosa
peggiore è che il sistema si blocca ogni volta che cerco di caricarli.

Ogni tanto, si avvia un programma nascosto (virus?) denominato Suocera 1.0 che sembra residente nella memoria e che riesce a
bloccare il sistema o che, nel migliore dei casi, fa in modo che Moglie 1.0 si comporti in maniera del tutto imprevedibile. Per
esempio, smettendo di eseguire qualunque comando da me voluto. Non c’è
stata maniera di disinstallare questo programma.

Non riesco a mantenere Moglie 1.0 eseguendo alcune delle mie
applicazioni favorite. Sto pensando di tornare di nuovo al vecchio
programma Fidanzata 7.0 ma non va la funzione per disinstallarlo.
Mi potete aiutare?

Grazie

Risposta

Caro amico: questo è un motivo di lamento molto comune tra gli utenti di Moglie1.0, ma è dovuto

nella maggioranza dei casi ad un errore basilare di fondo. Molti utenti
passano da Fidanzata 7.0 a Moglie 1.0 con l’idea che Moglie 1.0 sia solo un programma di “Divertimento ed Utilità.”
Tuttavia, Moglie 1.0, al contrario di Fidanzata 7.0, è un
Sistema Operativo completo. Ed il suo inventore lo ha progettato per
controllare tutto il sistema”.

Io e gli altri. Dall’identità alla relazione
è un libro rivolto a filosofi professionisti, specie antropologi. Ma
servirà anche a creativi dei media, ai think thank per la
famiglia, a ricercatori sul rapporto famiglia e cultura. Fa pensare e apre
orizzonti entusiasmanti a chi tiene a cuore il bene delle persone e della
società.

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