sabato, Giugno 10 2023

Quando negli anni novanta c’era la serie di Sailor Moon in televisione,
rappresentava una sorta di speranza nelle bambine che la guardavano,
perché era chiaramente proiettata nel futuro.

La protagonista era grande (14 anni, un abisso per le ascoltatrici di
soli 8 anni), bella, con vizi e difetti, piena di amiche, andava a
scuola (sebbene non le piacesse) e sognava il principe azzurro.

Accanto a questa serie a cartone animato in TV c’era anche una
trasmissione per ragazzi chiamata Solletico, a cui
partecipavano bambini di età tra 8 e gli 11 anni, che eranovestiti da bambini (jeans e pullover) e che facevano cose da bambini, ossia giocavano (con il forza 4 gigante,
all’enorme Spago Spaghetti, ricoloravano quadri famosi cercando di
indovinarne i colori partendo dall’originale presentato in bianco e
nero).

Accanto a queste due “visioni”, la prima proiettata nel futuro, la
seconda saldamente ancorata al presente, c’erano le pubblicità, tra cui
emergevano quelle delle Barbie, la bambola grande che faceva
cose da grandi, sì, ma molto normali: faceva la spesa, la veterinaria,
la dentista, l’insegnante, la commessa… insomma, era chiara la
distinzione tra il mondo del bambino che gioca a fare il grande e il
modello del mondo degli adulti tra reale (le occupazioni) e l’ideale
(diventare bella, forte, coraggiosa e beneamata dagli amici).
Aggiungiamoci le sit-com come Vicky, che avevano famiglie
stereotipate un pò folli ma unite (padre, madre e figli) e il quadro
risulta completo: c’è un’armonia data da vari programmi che non
nuocevano nel messaggio generale.

Dal 2000 tutto è cambiato.

La prima a cambiare è stata la pubblicità: sono comparse le Bratz, bambole il cui unico scopo nella vita è l’essere alla
moda (scarponi, tacchi, trucco), e che al massimo fanno le cantanti.
Sparisce la bambola che imita l’adulto, anche lavorando, tanto è vero
che le Barbie hanno avuto una tale battuta d’arresto (o un
ordine dall’alto) cosicché hanno dovuto cambiare completamente stile e
sono ripiegate sulle favole: Escono le fate, le sirene, le principesse.
Un gioco di pura fantasia in contrasto con le bambole-pop star che
rimangono l’unico modello riferibile a un mondo degli adulti reale (le
cantanti esistono, le sirene no) e quindi il solo imitabile. Spariscono
progressivamente i programmi educativi per i ragazzi.

Oggi ci sono le Winx, che uniscono i due giochi: sono fate,
volano, hanno i poteri, ma hanno un look moderno, da grande. E,
infatti, sono grandi: nelle prime tre serie hanno tra i 16 e i 18 anni
e vanno a scuola, nell’ultima sono ventenni che lavorano, hanno il
ragazzo e, forse, un’eccessiva vita da star, ma sono alquanto normali
nelle relazioni, per cui dovrebbero proiettare al futuro come faceva Sailor Moon, solo che sono spariti i ‘programmi’ di contorno
che normalizzavano la situazione. Al posto di Solletico c’è Musicgate, un programma che vede sempre i bambini
protagonisti, ma sono finti bambini: si vestono da grandi (minigonne e
magliettine), si atteggiano, parlano e ballano e cantano come Britney
Spears, mentre nelle sit-com scompare la famiglia per lasciare il posto
a pseudo-dodicenni che, da sole, si creano più problemi con ragazzi
(improbabili, nessun bambino pensa alla ragazza ma al pallone e
all’amico con cui giocare) e amiche di quanto farebbe una diciottenne
impazzita che si ritrovasse in Beautiful. Quindi, non è il
cartone animato in sé che è cambiato o peggiorato, ma è il contorno di
pubblicità-programmi-sit com ad essersi omologato in un’unica
direzione: confondere le età, pretendere che tutte/i siano
costantemente sempre impegnati a essere al centro dell’attenzione
stando attenti al look, alla moda, al trucco, al ragazzo… sono
spariti i giochi, un mondo di adulti reale (che lavora) e sono rimaste
le pop star come modello. Non prendiamocela con il cartone animato: in
fondo è l’unico a essere rimasto fedele a principi sani (amore e
amicizia); cambiamo il resto che è totalmente falso e dannoso.

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