venerdì, Marzo 29 2024

Qualche giorno fa i miei figli (tre anni il bimbo, un anno e mezzo la
bimba), cercavano di abbracciare la zia, che appariva loro dallo schermo di
un telefono.

Non si sono ancora arresi alla virtualità delle videochiamate, anche se ultimamente ci
siamo abituati a farle spesso. La pandemia, che sta tenendo chiuse in casa milioni e milioni di persone in tutto il
mondo, non ammette eccezioni: possiamo vedere i nostri cari solo tramite un
supporto tecnologico.

Posto che è

sempre meglio riempire le nostre giornate di buon umore, sorrisi,
preghiere

; ingegnarci per far fruttare i nostri talenti, piuttosto che lamentarci e
vivere in uno stato di perenne vittimismo,

non dobbiamo dimenticare che la vita con gli altri ci manca, perché non
è un di più,

non è un extra, è una vera e propria necessità dell’uomo.



Ad ogni problema, il giusto peso: vale anche in questa pandemia

Perciò, per chiarezza e rispetto, premettiamo che

non è la quarantena la parte più drammatica di questa vicenda

: c’è un personale sanitario ridotto allo stremo, mancano respiratori,
protezioni. In molti ospedali, in varie parti del mondo, si sta scegliendo
chi salvare e chi no. Ci sono persone che muoiono da sole, famiglie che
affrontano lutti.

C’è una crisi economica che avanza inesorabilmente e che lascerà enormi macerie, proprio come le grandi guerre.

Non tutti i mali hanno la stessa gravità
: bisogna essere realisti e dare a ciascun problema il
peso che merita.

Eppure, anche la quarantena, l’isolamento da tutti, è una croce, seppur più
piccola.

Noi di Family and Media, che normalmente, come sapete, ci
occupiamo di comunicazione, abbiamo deciso di soffermarci su questo
aspetto, perché pone problematiche nel modo di vivere la nostra
relazionalità e di comunicare con gli altri.


La quarantena e la “piccola croce” dell’isolamento

La quarantena non è una condanna: è una

forma di rispetto, per la nostra vita e quella degli altri, è una
rinuncia che va fatta, ma è, a tutti gli effetti, una rinuncia

. E possiamo riconoscerlo, senza temere di risultare stupidi, superficiali, viziati.

Uno schermo non può sostituire la presenza fisica dell’altro. Un abbraccio virtuale non sarà mai come un abbraccio reale
.

Al contempo, però, questo tempo di privazione può – oserei dire che deve –
insegnarci molto.

Se abbiamo la grazia di essere in salute e di dover vivere “solo” la
quarantena, possiamo vedere questo momento di prova come un’occasione per
imparare qualcosa, sulle nostre relazioni.



E allora, che cosa ci sta insegnando la quarantena? Di cosa
potremmo far tesoro, ora e quando questa emergenza sarà finita?



  1. Possiamo riconoscere la bellezza di stare insieme e
    ringraziare per il dono dei nostri cari


    .

    Dover rinunciare alla condivisione della propria vita con parenti,
    amici, colleghi, ci aiuta a vedere la bellezza dello stare assieme.

    Anche se solo per telefono o via chat, potremmo far sapere già ora
    alle persone care quanto sono importanti per noi, quanto siamo
    impazienti di poter di nuovo condividere del tempo di qualità
    insieme a loro.

    Potremmo anche riflettere su quanto vale un semplice saluto in un
    supermercato, in una piazza, su quanto sia fonte di gioia potersi
    radunare con altri in una chiesa, in un teatro.



  2. Possiamo apprezzare di più la presenza fisica, le
    conversazioni faccia a faccia


    .

    Una volta finita l’emergenza, sapremo

    valorizzare di più la bellezza di uno sguardo, di un sorriso

    . Magari riusciremo persino a tenere il cellulare in borsa, quando
    prenderemo un caffè con qualcuno.

    Se da un lato la tecnologia sta svolgendo oggi un’importante
    funzione (per dirla con le parole del docente di Teoria generale della comunicazione della Pontificia
    Università della Santa Croce, Dariusz Gronowski, sta fungendo da
    “prolungamento dell’essere umano”, perché ci permette di arrivare
    dove fisicamente non possiamo essere), ci stiamo rendendo conto di
    quanto tutto questo possa essere solo provvisorio, perché abbiamo bisogno del contatto umano! Questa crisi
    può allora “purificare” il nostro sguardo, renderci più attenti
    nelle nostre relazioni.



  3. Possiamo imparare a collocare con più equilibrio tecnologia
    e social nella nostra vita.

    È innegabile come, già accennato, che la

    tecnologia, in questo momento, stia aiutando tantissimo a
    tenere in piedi i nostri legami e le nostre attività

    … (pensiamo allo smart working, ai bambini che possono seguire
    lezioni da casa, ai fidanzati, i nonni coi nipoti, le mamme coi
    figli che possono vedersi via Skype).

    Più che mai i

    social in questo momento possono aiutarci a sentirci meno soli

    , nelle nostre case. Ci permettono un contatto con il mondo
    esterno, con chi è lontano.


    Qualche giorno fa ho letto il racconto di un’infermiera che era
    commossa, per aver prestato il suo telefono ad una signora
    affetta da Covid19, che non possedeva un cellulare molto
    tecnologico, ma voleva vedere, almeno sullo schermo, i suoi
    figli per salutarli un’ultima volta prima di morire.

    Al tempo stesso, proprio perché questi strumenti sono tutto ciò che
    abbiamo per tenerci in contatto, ci stiamo accorgendo dellaloro insufficienza: possono aiutare, sì, ma non sostituire lo stare insieme in carne ed ossa.

    La tecnologia può essere utile, quando non ne abusiamo: quando,
    come avviene in questo tempo, la mettiamo

    al vero servizio dell’uomo e non al posto dell’uomo

    .



  4. Potremmo ripartire dalla famiglia, per ricostruire in modo
    nuovo tutte le nostre relazioni.

    Come

    afferma lo scrittore Alessandro D’Avenia, in un articolo
    recentemente pubblicato su questo portale

    “In queste giornate drammatiche ci sentiamo di vetro anche noi.
    Fragili e impauriti da ogni contatto, ci siamo dovuti chiudere in
    casa. L’effetto è tanto inatteso quanto dirompente:

    le relazioni si mostrano nella loro nuda verità. Gli spazi
    stretti e il tempo largo provocano inevitabili attriti e
    scontri, eppure solo quando diventiamo trasparenti riscopriamo
    la qualità delle nostre relazioni.

    […] Da quanto tempo non affrontiamo ferite, silenzi, bugie,
    rancori, segreti, che ci hanno allontanato da chi abita con noi
    sotto lo stesso tetto? Adesso, proprio perché non ci possiamo più
    nascondere, come il dottor Vetro abbiamo la possibilità di rendere
    trasparente ciò che era stato oscurato dalle attività esterne
    quotidiane o opacizzato da ripetitive routine casalinghe.”.

    Sarebbe bello se provassimo a lavorare con sincerità e dedizione
    sulle nostre relazioni più strette, magari confidando anche in Dio.
    Sarebbe bello se cogliessimo l’occasione per imparare o ricominciare ad amare sul serio. Sarebbe bello,
    insomma, se sfruttassimo questo periodo per ricostruire da zero –
    qualora servisse – le relazioni famigliari. Invece di agognare la
    fuga, fermiamoci: parliamo, chiariamo, cerchiamo di ascoltare, preghiamo insieme.
    Ripartiamo da casa, per uscire, quando potremo, con uno spirito
    rinnovato, con un nuovo slancio anche verso gli altri.


  5. Potremmo imparare, infine, che l’unione fa la forza

    .

    Nelle emergenze che coinvolgono l’intera società, il superamento
    della crisi è possibile solo se ciascuno fa la sua parte.
    Rispettando tutti l’ordinanza che prevede l’isolamento nella
    propria abitazione – per quanto ci costi – dimostriamo di saper
    collaborare ad un obiettivo comune, di sentirci parte di una comunità e non isole.

    E se l’unione fa la forza di fronte ad una pandemia, perché ciò non
    dovrebbe valere sempre? Forse, vedendo quanto poco siamo in grado
    di fare da soli, di fronte a grandi problemi, impareremo che

    camminare insieme porta senza dubbio più frutti che scavalcarci
    l’un l’altro…

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