venerdì, Aprile 19 2024


“Siamo cresciuti col mito del posto fisso, la carriera, il successo,
per questo ci sentiamo sempre poveri ed inadeguati. Stiamo scappando
perché non ci hanno dato le armi buone per resistere, e quando
scopriamo che la nostra squadra del cuore non ci ricambia, che la
nostra amica banca si ricorda di noi solo quando andiamo in rosso, che
il lavoro della nostra vita, la nostra vita la vuole tutta… ci
sentiamo sconfitti! Ci sarebbe bastato poco, tipo avere dei sogni
davvero nostri, partoriti dalle nostre ambizioni e non dalla sala
riunioni di una multinazionale. Dobbiamo imparare a richiudere i pugni,
come da neonati, per tenere stretta in mano la nostra vita…”

La scena finale del film “Noi è la Giulia” mi è rimasta dentro per
anni. In quel momento fui del tutto consapevole che quelle parole avevano
colto qualcosa che stavo provando da tempo, e a cui non riuscivo a dare un
nome: una sensazione di inspiegabile incertezz a, unita alla voglia di farcela.

Tutti abbiamo dei sogni, soprattutto da bambini, ma quando improvvisamente
diventi adulto ti rendi conto che non è così facile come sembrava, e lì
inizi a fare i conti con l’incertezza. Ho scoperto che la sensazione che
provavo era inquadrabile come“Crisi del quarto di secolo”- Quarter Life Crisis (QLC) una sorta di crisi di
mezza età precoce. Un fenomeno al quale non solo
hanno attribuito un nome, ma su cui sono state fatte tantissime ricerche.
Proprio queste ultime evidenziano che

la maggior parte dei giovani nati dal 1986-1996 soffrono di uno stato
ansioso e depressivo intorno ad un periodo di tempo che va dai 25 ai 35
anni

circa.

Molti fanno riferimento a questa crisi come se fosse una specificità tutta
del mondo contemporaneo. Ciò in parte è vero, soprattutto se pensiamo alle
tante le sfide che ci pone davanti il mondo moderno: la fluidità delle
relazioni, la velocità della tecnologia, la crisi economica e l’incertezza
del mercato del lavoro. Sicuramente il contesto socioeconomico di
riferimento influenza e acuisce questa situazione di malessere, ma in
realtà la “crisi del quarto di secolo” è un momento di crisi tipico di
quello specifico spaccato temporale di età, in quanto si esce dalla “zona
di sicurezza” e si iniziano a percorre strade ignote.

I 25 anni sono generalmente il periodo in cui termina il percorso
universitario, si affrontano le prime esperienze lavorative e in
concomitanza si iniziano a prendere decisioni “da adulti” che mettono in
discussione anche delle scelte fatte fino a quel momento. Sono gli anni in
cui l’individuo indaga sé stesso, le proprie possibilità, il mondo che lo
circonda e conquista la propria identità adulta, facendo un piccolo
bilancio del proprio presente proiettandosi nel futuro, di cui non si ha
nessuna risposta.

Perché tutto ciò accade?

Viviamo in un’epoca in cui è molto semplice “cambiare”: non ci sono
distanze, barriere, è tutto veloce. Questa facilità di accesso, che si
presenta come opportunità, potrebbe essere in realtà uno dei fattori
scatenanti di questo stato d’ansia. Proprio perché è tutto così facilmente
mutabile, non si hanno più appigli stabili sulla quale aggrapparsi,
reggersi e respirare momentanea calma. Schiarirsi le idee e provare ad
emergere diventa difficile, specialmente se si sta navigando in un mare di
menti, in cui sono tutti alla ricerca affannosa del tragitto migliore per
ritornare a galla e non affogare.

A 25 anni

si perde la spensieratezza tipica del periodo adolescenziale

, e si entra nell’età adulta con un bagaglio di domande alla quali fino al
giorno prima si credeva di avere una risposta. Questa situazione di
inquietudine e incertezza sul futuro, unita alle alte aspettative della
famiglia e della società, manda i giovani in tilt trasformando questa paura
in una nuova patologia, la Quarter Life Crisis , caratterizzata da ansia da prestazione (professionale), senso di
soffocamento (che sia per un lavoro o per un matrimonio) e, nei casi più
gravi, depressione.

Come superare questa crisi?


Il mondo di oggi vuole che tutti debbano camminare veloci,
omologarsi ed adeguarsi nella loro individualità: bisogna conoscere
l’inglese, avere una laurea, la specialistica e un master; aver fatto
almeno un’esperienza all’estero… poi bisogna fare la gavetta, entrare nel
mondo del lavoro e ancora, stipulare un mutuo, comprare una casa, mettere
su famiglia magari avere un figlio…e tutto ciò prima dei 30 anni!

Ciò che va’ capito è che

tutti hanno il diritto di rallentare, fermarsi e respirare.

Non c’è una ricetta vincente o una risposta univoca valida per tutti, utile
a fronteggiare questo stato d’ansia. Sicuramente se sfocia in stati di
depressione è bene chiedere aiuto e farsi supportare da esperti. Ad ogni
modo, bisogna non dimenticare che la maturazione della personalità
attraversa necessariamente momenti d’incertezza e di rischio, anche di
sofferenza piccola o grande che sia. Vi è un detto italiano molto saggio:
non ogni male viene per nuocere. L’apprendistato della libertà si presenta
sempre sotto nuove forme, a qualsiasi età, e sempre comporta fatica.

I giovani devono fare proprie quelle scelte, attraverso le loro idee e
seguendo la loro volontà, con la consapevolezza che

nulla è deciso irrimediabilmente e che non è mai tardi per cambiare

. Dobbiamo solo “imparare a richiudere i pugni , come da neonati, per tenere stretta in mano la nostra vita…”

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