Thursday, April 25 2024

Sono circa 800mila, secondo gli ultimi dati Istat, le coppie che in Italia
hanno messo al mondo almeno tre figli.

Famiglie
normali – come si definiscono loro – eppure mosche bianche – come
vengono percepite dai più. Sante o eroiche – come le definiscono
alcuni, incoscienti o sprovvedute – come le apostrofano
invece altri. Una sola cosa è certa. Sono famiglie che si
sentono discriminate. Secondo un sondaggio promosso dall’Associazione nazionale famiglie numerose alla domanda


Vi siete mai sentiti vittime di soprusi o di discriminazione per il
solo fatto di essere una famiglia numerosa?”

ben il 27.90% ha risposto di sì. Quasi una famiglia su tre.

Le discriminazioni più ricorrenti: le dimissioni in bianco firmate all’atto
di assunzione in questo o quel luogo e divenute operative alla nascita di
un figlio, difficoltà ad ottenere permessi per motivi familiari, hotel,
ristoranti, musei interdetti a cani e passeggini, tariffe sui consumi che
equiparano una famiglia XXL ad un single sprecone e molto altro.

A dare voce e sostegno a queste famiglie c’è l’ Associazione nazionale famiglie numerose (ANFN), nata il
26 luglio del 2004 a Brescia dall’incontro di due papà di prole numerosa,
Mario Sberna ed Enrico Cinelli, di fronte ad un banco del pesce. Pesce che
sapevano di non potersi permettere per la famiglia.

Oggi l’associazione è diffusa in tutta Italia, conta più di 20mila iscritti
e cresce al ritmo di 45 nuovi soci a settimana. Ha una sua rivista, che si
chiama Test positivo (un’emozione che le famiglie numerose provano
più volte) e un sito web.

Le iniziative realizzate e quelle in cantiere sono numerose e all’insegna
dell’aiuto concreto. L’associazione ha stipulato ad esempio in tutta Italia
circa 250 convenzioni che permettono alle famiglie
numerose di usufruire di beni e servizi a prezzi agevolati. Grazie al Banco
alimentare, l’associazione distribuisce regolarmente pacchi spesa ad un
migliaio di famiglie numerose indigenti. Con il suo
progetto Aiutiamoci, alimentato da soci e da donatori privati, è
venuta incontro, in questi anni, a un centinaio di situazioni di emergenza
denunciate da famiglie in gravissima difficoltà economica.
Le famiglie numerose hanno persino una nazionale di
calcio, dove sono confluiti anche ex professionisti, ora papà di quattro,
cinque, dieci figli. La squadra ha calcato i prati dei più grandi stadi
d’Italia e, di recente, ha giocato partite in una Terra Santa martoriata
dalla guerra.


Famiglie sempre più povere, ma la vera sfida è il welfare familiare

Sempre secondo l’Istat, la percentuale delle famiglie
appena sopra la soglia di povertà in Italia cresce in modo esponenziale
alla nascita di un nuovo figlio. La difficoltà economica dei nostri tempi è
evidente a tutti. Tuttavia spesso il vero nemico sono i pregiudizi e gli
stereotipi sociali e culturali, che calano un velo laddove invece c’è una
opportunità e una sfida.

Investire sul benessere familiare e sui figli – almeno fino alla loro
autonomia – genera, infatti, ricchezza: maggiori consumi portano a più
posti di lavoro. Rimuovere ostacoli culturali ed economici per allineare il
numero dei figli desiderati (almeno due) a quelli effettivamente portati
alla luce (oggi in Italia siamo a una media di 1.3 per ogni donna fertile)
garantisce il ricambio generazionale, e
dunque la sopravvivenza di un Paese. Si rivitalizza e si dà un senso
inoltre al welfare. Come ha recentemente sottolineato il Card. Bagnasco,
presidenti dei vescovi italiani “La famiglia è il primo welfare, il primo
antidoto sociale, la prima ancora di salvezza non solo per la solidarietà
economica che riesce a garantire ma anche perché si rivela la fonte di
generazione di energie interiori che sole possono sostenere nei momenti
difficili della vita. È un contributo impagabile. Dobbiamo urlarlo sui
tetti”.

Le ragioni della crisi di un modello familiare

Fino al dopoguerra – ricostruisce l’ Associazione nazionale famiglie numerose – l’Italia viveva
grazie soprattutto all’agricoltura. I figli erano visti come una ricchezza,
perché manodopera fondamentale per il lavoro nei campi. Erano dunque un
bene sociale da tutelare, come espresso dai padri costituenti negli
articoli 29, 30 e 31 della Costituzione.

Nel passaggio all’economia industriale negli anni Cinquanta e a quella dei
servizi dagli anni Novanta, è arrivato da una parte il benessere, ma
dall’altra anche uno stimolo forte verso il consumismo e l’individualismo,
economico e sociale.

Con il ’68 inoltre si è affermato un movimento politico, culturale e
sociale che ha portato alla graduale affermazione dei diritti individuali
sempre di più a scapito di quelli pubblici e familiari. Il risultato di
questa nuova visione è stato che i figli non sono stati più percepiti come
un bene pubblico da tutelare, ma come una semplice scelta privata.

L’attenzione dei media verso questo tema è sempre più scarsa. Delle
famiglie numerose se ne parla infatti sempre di meno, non solo in Italia,
ma anche

in Germania ad esempio

, un Paese da sempre storicamente favorevole alle politiche familiari.

Il sondaggio

E voi, cari lettori, cosa ne pensate? Ritenete che i figli siano un bene
pubblico da tutelare o una scelta individuale?

Partecipate al sondaggio l’Associazione nazionale famiglie numerose vuole
conoscere la tua opinione in merito.

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