martedì, Marzo 19 2024

Se c’è una cosa che accumuna tutti gli uomini è il desiderio della
felicità. Seppure in modi diversi, tutti cerchiamo di fare ciò che pensiamo
ci porterà a vivere meglio. Ma la strada per la felicità assomiglia a un
percorso a ostacoli, è piena di insidie: ogni tanto sbuca fuori qualcosa o
qualcuno che si offre di condurci subito alla meta e invece ci fa solo
perdere tempo o tornare indietro.

Più cerchiamo una felicità vera, più sperimentiamo che essere felici non è
un’impresa semplice… Non basta seguire il proprio istinto: occorre essere
disponibili a farsi domande e cercare risposte, ad imparare dagli errori, a
dire dei sì o dei no che costano sacrifico, ma ancor prima si deve
accettare il “vuoto” che si avverte, si deve guardare il buco nero
dell’infelicità perché solo prendendo atto che c’è, cercheremo un modo per
porre rimedio.

La felicità in una scelta controcorrente

È stato così – doloroso e incidentato – il percorso verso la felicità
Daniel C. Mattson, che nel suo libro

Why I Don’t Call Myself Gay: How I Reclaimed My Sexual Reality And
Found Peace,

2018, Editore Igniatius (in italiano

Perché non mi definisco gay. Come mi sono riappropriato della mia
realtà sessuale e ho trovato la pace

, Editore italiano: Cantagalli) racconta come, dopo anni di
sofferenze, abbia trovato serenità nel riconoscere l’oggettività della sua
identità sessuale e nel vivere di conseguenza, rigenerato dalla scoperta
del valore della castità.

Nel raccontare la storia di Dan non vogliamo offendere chi ha deciso di
vivere in un altro modo. Riteniamo solo che per scegliere liberamente
qualcosa occorre sapere che esistono anche delle alternative.

Un autentico pluralismo ammette che vi siano diverse vie e la vera libertà
consiste nello scegliere consapevolmente ciò che si ritiene giusto, non ciò
che sembra inevitabile.

La storia di Dan e l’incontro con i Courage

Dan si abitua sin da ragazzino alla fruizione di contenuti pornografici.
Ben presto capisce che una sessualità vissuta solo come “consumo” non porta
alla felicità, ma ad una chiusura in se stessi. Eppure, non ha la forza di
liberarsene. Attratto da persone del suo stesso sesso, da adulto arriva a
vivere una storia di sesso con un uomo, ma ciò lo fa sentire tremendamente
solo e triste. Così, comprende che desidera qualcuno con cui camminare
nella vita. Si innamora di un uomo e i due intraprendono una relazione. Dan
pensa di essere felice con il suo compagno, sebbene dentro di sé avverta
che il suo cuore aneli ad una gioia più grande e profonda di quella che
prova.

La relazione, tuttavia, si consolida, tanto che pensa di parlarne con la
famiglia. All’improvviso, però, arriva nella sua vita una donna, di cui si
innamora profondamente. Con lei Dan avverte qualcosa di nuovo, si sente
completo. Tra loro c’è una grande intesa e i due arrivano quasi alle nozze.
Tutto sembra andare per il meglio, quando la ragazza gli rivela di non
volere dei figli. In quel momento, il mondo gli cade addosso: Dan non
riesce a concepire il matrimonio senza dei bambini e così, dopo una pausa
di riflessione, il lacerante addio.

L’uomo sprofonda nella desolazione, è confuso e smarrito, non ha ancora
chiaro chi è e cosa vuole. La sua identità sessuale è offuscata e, proprio
in quel periodo buio, incontra il movimento cattolico dei Courage, che si
propone di accompagnare persone con tendenza omosessuale verso la scoperta
di se stessi e di Dio, senza giudicarle o schernirle, evitando forzature,
imposizioni e facilonerie.

Il percorso proposto, in linea con la Dottrina della Chiesa Cattolica,
parte dal riconoscimento di una realtà: esistono solo due sessi, siamo nati
o maschi o femmine e la famiglia nasce dall’unione sponsale dell’uomo con
la donna. Per i più, una posizione “retrograda”, per altri assolutamente
rivoluzionaria – per quanto sia fondata essenzialmente su dati biologici -,
visto che la nostra società vede nella possibilità di auto-definire il
proprio sesso una forma di emancipazione e nell’attrazione o nella volontà
di stare insieme (e non già, di certo, nella differenza sessuale) gli
elementi fondanti della famiglia.

Seguire i propri desideri indistintamente, sembra essere un dogma (e
esclude, di fatto, ogni altra opzione, rigettata come offensiva o lesiva
della libertà): qualunque passione è considerata buona e sana per il
semplice fatto di essersi manifestata.

Proporre non significa discriminare

E allora, in una società che considera una forma di violenza, di prepotenza
o di discriminazione affermare che gli esseri umani esistono oggettivamente
come maschi e femmine e che la famiglia nasce dalla loro fusione, è davvero
ardita – e sicuramente malvista – l’iniziativa del movimento Courage. E,
potremmo pensare, anche poco seguita: in un mondo che vanta il traguardo
della liberalizzazione sessuale, l’estinzione di limiti e confini su questo
ambito, perché mai una persona con tendenze omosessuali dovrebbe andare da
loro, per sentirsi dire di fare qualcosa che non sente come istintivo e
naturale?

Eppure, Dan ne è molto attratto e incuriosito. Si accosta ad essi, senza
pregiudizi, perché sono loro i primi a non averne, a non giudicarlo per le
sue tendenze. Ad accoglierlo indipendentemente dal suo stile di vita.

E Dan non si sente né colpevolizzato, né offeso di fronte alla proposta
radicale di ritrovare la sua identità partendo da una base biologica
oggettiva. Accetta il cammino suggerito, riconoscendo in quella proposta
una verità, dalla quale dirà di essersi sentito protetto e liberato.
Vivendo in castità, cioè avendo con gli altri uomini – pur essendone
attratto – un rapporto di amicizia e fratellanza, comincerà a stare bene
con se stesso.



Castità di fronte ad una tendenza: può essere una scelta libera

Ma perché raccontare storie come quelle di Dan? Perché nel nostro mondo
così democratico e tollerante da imporre un pensiero unico sull’amore e
sulla famiglia, dialogare nel vero senso del termine su questi temi e
offrire diversi punti di vista è un atto di eroismo che, forse, vale ancora
la pena fare, proprio per non rinunciare alla ricchezza di un sano
pluralismo.

Senza per questo offendere nessuno, ci sembrava bello raccontare
l’esperienza di una persona che, in una scelta controcorrente e
“politicamente scorretta”, dice di aver trovato la felicità.

Dan non conosceva l’opzione della castità, non prendeva in considerazione
l’idea di partire da una realtà oggettiva, ma quando scopre che è
possibile, sceglie di farlo, in modo libero. E decide di “scrivere il libro
che avrebbe voluto leggere a 19 anni”.

Un caso isolato quello di Dan?

Numerose testimonianze

dicono di no, anzi dimostrano che tanti hanno fatto un cammino simile e
trovato come lui la serenità.

La concretezza della vita batte ogni astrazione

Quando si parla di omosessualità, si corrono molti rischi. Magari ci
atteggiamo da scienziati, senza sapere di cosa parliamo. Oppure facciamo
discorsi vuoti, senza lasciarci interpellare dalla complessità della vita.

C’è poi chi offende o denigra, chi esclude un amico o caccia addirittura di
casa il proprio figlio perché si è dichiarato omosessuale; c’è chi propone
facili soluzioni (“Segui il tuo cuore”, “Fai quello che ti senti”, “Se
desideri qualcosa è sicuramente la cosa giusta”) senza tener conto che non
sempre siamo proiettati verso il nostro vero bene (e ciò vale per tutti,
non per una categoria di persone piuttosto che per un’altra). E poi c’è chi
“detta” regole e norme, chi tratta le persone come fogli bianchi su cui
stampare i propri decreti, dimenticando che ognuno di noi per trovare se
stesso ha bisogno di accompagnamento e sostegno. E poi c’è chi in bocca ha
sempre la parola “rispetto”, ma la usa impropriamente perché ciò che
propone è piuttosto comoda indifferenza.

Di fatto, purtroppo, pochi scendono dai palcoscenici e dagli slogan per
calarsi nella realtà, nei bisogni concreti. Pochi si chiedono davvero cosa
porti l’altro ad essere pienamente felice.

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