giovedì, Marzo 28 2024

Catcalling
è un termine inglese dalla facile traduzione: “chiamare il gatto”. Ma nel
linguaggio di uso comune, il catcalling non è altro che la
molestia verbale rivolta prevalentemente a donne incontrate per strada come
commenti indesiderati, gesti poco eleganti, fischi, inseguimenti, avance
sessuali persistenti e palpeggiamento da parte di estranei in aree
pubbliche come strade, centri commerciali, mezzi di trasporto e parchi.

Il fulcro del catcalling, e del perché è considerato come
molestia, sta alla base del meccanismo che porta a compierlo: sessualizzare
un corpo, indurre un qualcuno a ricevere commenti di tale portata senza
averli minimamente richiesti; è invadere l’altrui spazio, l’altrui dignità.

È molestia dal momento in cui si ricerca, si pretende, si ottiene un
approccio che non tiene minimamente conto della volontà della persona
presa di mira

.


È solamente un complimento!


Questa è la giustificazione avanzata dal catcaller dopo esser
stato colto in fallo, magari al seguito di un atteggiamento contrariato da
parte della vittima. La natura del catcalling si
evidenzia maggiormente in questo caso, poiché l’individuo spesso e
volentieri reagisce di rimando con piccata violenza. Il tentato dominio
esercitato nei confronti della vittima si sgretola, viene messo in
discussione, e l’unico modo che si ha per riappropriarsene è offendere:
verbalmente e, non di rado, fisicamente.

Uno dei più globalmente noti e recenti casi di catcalling,
coinvolse una studentessa di diciannove anni a Chicago: Ruth George, dopo
essersi costantemente rifiutata all’insistente tentativo di abbordaggio di
uno sconosciuto incrociato per strada, è stata infine aggredita da
quest’ultimo, stuprata ed infine strangolata. Una giovane donna uccisa
perché, a detta dello stesso uomo che ha raccontato le dinamiche
dell’omicidio di cui si è macchiato, “si è rifiutata di parlare con lui”.


Ma perché è riconosciuto come molestia unicamente maschile?

I dati Istat più recenti, che risalgono all’anno 2018, sono piuttosto
eloquenti al riguardo ed evidenziano quanto siano le donne
ad essere il genere maggiormente colpito e oppresso: dai dati emerge una
paura di fondo che le porta ad aver paura di uscire di casa da sole. Si ha il timore
di percorrere un tragitto in strada anche quando è semplicemente buio od
isolato. Molte delle donne consultate, fanno riferimento ad episodi subiti
magari decenni prima ma che tuttora le condizionano. Laddove una donna non
possa fare affidamento della presenza di un’altra persona amica, spesso
ovvia al “problema” ricercando compagnia in una telefonata (dai dati, sono
circa il 56%) e solamente una minoranza di queste si avvale dello spray al
peperoncino come difesa personale.

È evidente che tale fenomeno sia riconosciuto come prettamente maschile
perché vi è un’educazione sessista alla base che porta i suoi strascichi
tutt’oggi. Ma il progresso sociale che include la lotta alla parità di
genere e che pone all’attenzione anche tutte le altre minoranze (etniche,
disabili, omosessuali, transessuali) sta a poco a poco dando i suoi frutti.

Sono diversi i Paesi Europei e non, a definire il catcalling come vera e propria molestia e dunque
perseguibile penalmente. In Francia è stato reso illegale dal 2018, e si
rischia con una multa sino a 750€, con mora in caso di comportamenti
aggressivi e fisici. Quezon City, nelle Filippine, ha implementato
un’ordinanza contro le molestie di strada dal Maggio 2016. In Belgio è
stato approvato nel 2014; ed altri Paesi come il Perù ed il Portogallo,
hanno già predisposto severe punizioni per questo genere di reato.

Malgrado alcuni paesi siano ancora ben lontani dal provvedere in modo
concreto alle discriminazioni di cui è oggetto gran parte della loro
popolazione e delle loro minoranze, ciò che conforta è l’impegno politico
di non abbandonare quello che è un sistema sociale insensato, vecchio e per
questo giustamente ritenuto offensivo. Al giorno d’oggi deve vigere il
rispetto assoluto delle parti, che va ben oltre il semplice sesso di
appartenenza, il vestito che si indossa, la locazione geografica in cui si
vive o il proprio orientamento sessuale. Non bisogna aver paura di essere
sé stessi, quando ci si incammina per strada; non bisogna aver paura di
uscire quando è buio o di farlo da soli.


Le future generazioni vanno guidate, istruite al rispetto, all’amore.


Ma da dove esattamente partire?

L’istruzione alla parità di genere deve essere applicata sin dalle
fondamenta della sua crescita. Educare un bambino sta anche nel guidarlo a
non scegliere un vestito blu anziché rosa solamente perché
il primo rispecchia nell’immaginario comune il suo genere di appartenenza:
tale concezione appartiene ad una società patriarcale che ci siamo lasciati
alle spalle da anni. Bisogna stare al passo coi tempi, abbandonando
preconcetti retrogradi e stereotipi che di fatto condizionano scelte e
comportamenti in favore di una presunta accettazione sociale.

Lasciarsi vincolare ad una linea di pensiero che non è la propria è
come applicarsi delle manette ai polsi.

Se fare avances esplicite è giustificabile in quanto uomini, cosa succede
se è un uomo stesso a reputare riprovevole un simile atteggiamento? Le
manette si spezzano.

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