sabato, Dicembre 7 2024

“L’importante è che ci sia la salute”, afferma una cassiera, dopo aver chiesto il sesso del bambino alla donna incinta che sta pagando.

“E se anche non ci fosse?”, risponde la ragazza. Ha un pancione che non la fa di certo passare inosservata, ma aspetta una bambina speciale.

Chiara è al nono mese di gravidanza e non vede l’ora di conoscere la sua piccola Maria Grazia Letizia, con la quale sa che potrà percorrere solo un breve tratto di strada, perché la bimba ha ricevuto una diagnosi di anencefalia e con ogni probabilità morirà poco dopo la nascita.

Spesso si assolutizza il benessere fisico, viene visto come un idolo e considerato criterio di valutazione per sancire se una vita è “degna” di essere vissuta o meno.

E Chiara è stanca di sentire simili discorsi, di vedere che le persone la guardano con compassione, come se sua figlia non fosse un dono solo perché malata.

La grandezza di Chiara risiede in questo suo modo di guardare il prossimo: egli è dono per il semplice fatto di esserci.

La storia di Chiara: se l’amore distrugge davvero la morte

Ci sono storie così dense di significato, così arricchenti e stimolanti, così genuine, vere e straordinarie che fai fatica a sintetizzarle, a raccontarle. In qualunque modo tu possa parlarne, avrai l’impressione di sciuparle un po’.

E allora ci provi. Ti avvicini, ma in punta di piedi, con rispetto, sapendo che le parole non possono dire tutto.

È in questo modo che mi accosto alla bellissima storia di Chiara Corbella e provo a raccontarvi qualcosa su questa giovane mamma che ha saputo dare tutta se stessa per i suoi tre figli, mettendoli al primo posto, anche quando ciò le richiedeva grandi sacrifici.

È con ammirazione e gratitudine che vi parlo di questa comunissima donna romana, che ha accolto la vita senza “se” e senza “ma”. Appena scoperta la malformazione della prima bambina, alla donna e a suo marito viene proposto “l’aborto terapeutico”, ma loro rifiutano: sono dell’idea che una terapia cura, non uccide e decidono di “accompagnare la piccola fin dove possono”.

È il primo “Sì alla vita, sempre e comunque”, pronunciato da Chiara Corbella ed Enrico Petrillo, la cui storia è raccontata nel libro Siamo nati e non moriremo mai più, (Editrice Porziuncola, 13 euro, di Simone Troisi e Cristiana Paccini, 2013).

La vita non si misura in termini di durata

Chiara ricorderà sempre il suo parto e l’abbraccio della sua bambina con una tenerezza e una gioia che, dice, sicuramente non avrebbe conosciuto se avesse abortito. “Non importa per quanto tempo siamo state madri – arriverà ad affermare durante una testimonianza – ciò che conta è che abbiamo ricevuto questo dono”.

Un anno dopo, Chiara dà alla luce Davide Giovanni, ma anche lui lascerà presto i genitori: sarà conosciuto e abbracciato dai suoi cari per pochi minuti, riceverà il Battesimo, poi morirà, proprio come la sorella.

Tra le malattie dei due fratellini non c’è alcuna correlazione, non vi è nessuna predisposizione genetica perché Chiara ed Enrico concepiscono dei bambini con delle malformazioni: i risultati dei test cui i coniugi si sottopongono chiariscono che si tratta di mera coincidenza e smentiscono tutti coloro che considerano Chiara ed Enrico degli incoscienti. Mentre tanti li invitano, più o meno velatamente, a non cercare più figli, i Petrillo capiscono di essere chiamati a testimoniare che la vita non si misura né in termini di tempo, né di benessere fisico.

Per Chiara ed Enrico, Dio crea l’uomo per l’eternità ed è sbagliato giudicare la bellezza o l’importanza di una esistenza dalla sua durata o dalla salute. Ciò che dà senso e pienezza alla nostra vita, per loro, è l’amore. A Chiara è attribuita la frase: “Nella vita non è importante fare qualcosa, ma nascere e lasciarsi amare”. Per lei, i suoi figli hanno avuto una esperienza terrena breve, ma sono stati amati ed è questo l’essenziale.

“Non dite a mio figlio che sono morta per lui. Io ho dato la vita per lui”

Chiara rimane incinta di nuovo. Stavolta il bambino sta bene ma al quinto mese di gravidanza i Petrillo devono affrontare ancora una grande prova: Chiara ha un tumore alla lingua. Le cure, però, comprometterebbero la salute del piccolo. Che fare, quindi? La donna non ha dubbi: non può mettere in secondo piano la salute del figlio per pensare alla sua. Lei si sente già madre di quel piccolo frugoletto nascosto nel suo ventre. Così, rimanda le cure fino al momento del parto, che desidera avvenga a termine, quando il bimbo non corre più nessun rischio.

Porterà a termine la gravidanza con una serenità disarmante. Crede nella Provvidenza divina e ciò la aiuta a compiere tutti i suoi “piccoli passi possibili” ogni giorno. Ha dei momenti di scoraggiamento, dai quali però esce sempre più forte e rinnovata.

Dopo la nascita di Francesco, Chiara inizierà a curarsi, ma dopo circa un anno “il drago” prenderà definitivamente il sopravvento. O forse no.

È il 13 giugno del 2012: Chiara saluta i suoi famigliari, dicendo a ciascuno che li ama profondamente e, con una misteriosa letizia nel cuore, lascia questo mondo.

Da allora, però, la sua storia ha iniziato a fare il giro del mondo: le sue scelte luminose, libere da ogni compromesso, continuano a ispirare tante giovani mamme -e non solo- in tutto il mondo. Il tumore l’ha portata via, ma Chiara è più viva che mai e continua a essere un inno alla generosità, alla bellezza di donarsi. Con la sua fiducia in un Dio che, nonostante permetta il dolore, “è buono e dà solo cose buone ai suoi figli”, offre una speranza capace di spegnere lo scoraggiamento, la passività, l’utilitarismo, il desiderio di un appagamento momentaneo. Per Chiara le scelte vanno guardate sempre in vista dell’eternità: la “croce è collocazione provvisoria”, l’amore che ricevi e che semini, invece, è per sempre.

Se il matrimonio non è solo un “pezzo di carta”: Chiara ed Enrico una cosa sola davvero

Siamo nati e non moriremo mai più non è solo un libro che può rigenerare e aiutare mamme che vivono gravidanze difficili, non è solo una voce mite ma decisa a difesa della vita in ogni caso, in ogni stadio, senza eccezione. Questo libro può essere utile anche a chi vuole scoprire o approfondire la bellezza della vocazione al matrimonio. Chiara, infatti, vive un fidanzamento molto difficile, lungo e travagliato, più doloroso – arriverà a dire – della malattia.

Dopo sei anni di sofferenze e fallimenti, riesce ad accogliere veramente il suo futuro marito quando capisce che “il contrario dell’amore è il possesso”, quando lo “accoglie come un dono” e non lo considera più un suo diritto.

Il libro si apre con l’inizio della relazione tra Chiara ed Enrico, ci fa conoscere e percorrere i diversi passaggi che la coppia compie per arrivare a dire un “Sì” coraggioso e maturo davanti ad un altare.

È bello vedere come da una crisi, che sembra segnare la fine della loro relazione, arrivino invece alla pienezza del matrimonio. Come? Cambiando semplicemente il modo di stare insieme, di “trattarsi”.

Il primo “Sì” che Chiara ed Enrico pronunciano è quello di giovani sposi. Dalla loro unione solida e genuina sbocciano tutti gli altri “Sì”.

È perché hanno accolto l’amore inesauribile di Dio nella loro vita e hanno imparato ad amarsi profondamente che sono stati capaci di donarsi senza condizioni ai propri figli.

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