Instagram fa male ai nostri figli, specialmente alle ragazze
‘Instagram è dannoso per gli adolescenti, specialmente per le ragazze’. Ad
affermarlo non è un
gruppo di genitori apprensivi, magari anche un po’ ‘fuori moda’, ma una
ricerca interna condotta
proprio da Facebook – proprietaria di Instagram– rimasta segreta fino a
qualche settimana fa. Fino a
quando una ex dipendente, un ingegnere informatico addetto all’analisi dei
dati, ha portato
all’attenzione mondiale i dati raccolti in circa due anni di indagini tra
gli Stati Uniti e altri paesi,
anche europei.
Lo studio è stato svolto dall’azienda per capire meglio l’utilizzo di
Instagram da parte dei più
giovani, per rilevare come e se influisca sulla salute dei suoi utenti più
giovani. Dai risultati,
pubblicati dal
The Wall Street Journal
il 14 settembre scorso, emerge un quadro chiaro della
situazione: Instagram peggiora i problemi connessi alla percezione del
proprio aspetto fisico (come
per esempio i disturbi alimentari), per un adolescente su tre. Dallo studio
emerge anche che le
teenagers accusano Instagram per l’aumento degli stati di ansia e
depressione. L’esposizione ad
immagini che esaltano corpi perfetti, tonici e super curati, che ricevono
migliaia di commenti
positivi, e, di contro, quelli negativi che si possono ricevere per
un’immagine che non corrisponda a
canoni e modelli imposti da stereotipi di bellezza diffusi dai vari
influencers, provocherebbero
notevoli problemi a livello emotivo e psicologico per i giovani, che sempre
prima e in maniera
sempre maggiore utilizzano il social network. Tra le ragazze che hanno
dichiarato di avere avuto
pensieri suicidi, il 6% delle giovani americane, e il 13% di quelle
inglesi, li hanno fatto risalire a
Instagram.
A diffondere le ricerche è stata Frances Haugen, un’ex manager che
all’inizio ha preferito
l’anonimato e che poi ha rivelato la propria identità, apparendo in una
trasmissione della CBS
News. Ed è stata, nei giorni scorsi, anche ascoltata dalla sottocommissione
del congresso americano
sulla sicurezza on line, che si sta occupando del caso.
Insomma, la questione ha suscitato molte reazioni, ed è diventata – negli
Usa – un vero e proprio
caso politico, mentre, nel mondo, ha riacceso l’attenzione sui danni cui
possono essere esposti gli
utenti giovani e giovanissimi che frequentano assiduamente i social.
I documenti interni di Facebook diffusi dalla Haugen hanno rivelato che il
gigante dei social media
era a conoscenza dei pericoli e ha fatto ben poco per affrontare i problemi
e tentare di limitarne i
danni.
I documenti – stando a quanto ripotato dalla Haugen – hanno mostrato
inoltre i meccanismi per
ottimizzare l’algoritmo e ‘spingere’ i contenuti polarizzanti, cosa che si
è fatta di intento anche
durante la campagna elettorale che ha visto la vittoria di Biden di fronte
a Trump. Una parte
nell’aumento della mobilitazione elettorale si deve probabilmente anche a
queste pratiche di
Facebook per aumentare il guadagno economico dell’azienda di Zuckerberg.
Poi, e come provano I
Facebook Files del giornale americano The Wall Street Journal , l’azienda
ha due pesi e due misure
per i “potenti digitali” e per gli utenti comuni: Gli influencer, cioè
coloro con centinaia di miglia di
follower, la spuntano nella censura intraziendale (il lavoro di migliaia
dei Facebook fact checkers):
così, per esempio, il calciatore Neymar può postare foto di una donna nuda;
dichiarazioni
incendiarie da utenti comuni come che “Hillary Clinton ha protetto circoli
di pedofili” o che
“Trump ha chiamato animali agli immigranti che cercano asilo politico”,
nonostante siano state
verificate false dai fact-checkers, sono comunque diramate…perché
attirano audience. Quindi, il
principio molte volte dichiarato pubblicamente da Mark Zuckerberg non
supera un fact checking
casereccio: “Facebook Inc. permette ai suoi tre bilioni di utenti di
parlare con lo stesso diritto e peso
delle elite politiche, giornalistiche e culturali. I nostri standard si
applicano a tutti con indipendenza
del loro status o fama.
L’azienda si è difesa tentando di placare le preoccupazioni, dicendo che il
The Wall Street Journal
aveva pubblicato solo parte della indagine, della quale poi, però, sono
state rese note tutte le varie
sezioni e che, secondo loro, la ricerca dimostra proprio lo stato di
attenzione per la questione.
A pochi giorni dallo scandalo, il 27 settembre 2021, Adam Mosseri,
responsabile di Instagram,
direttamente dal blog del social, ha annunciato la sospensione di Instagram
Kids, e l’ulteriore
sviluppo dell’app per bambini, dai 6 ai 12 anni, ‘per creare strumenti di
supervisione dei genitori’-
si legge nella nota. Da tempo l’azienda stava lavorando al progetto per
intercettare una parte di
utenti dei social, i bambini appunto, che in maniera sempre più massiccia
frequentano altre
piattaforme, come Youtube e TikTok, ma per il momento la decisione è stata
quella di bloccare
tutto, non si sa fino a quando.
Mentre, a poche ore dalla audizione della Haugen al Congresso, è stato lo
stesso Zugerberg ad
intervenire, diffondendo su Facebook il testo di una lettera che ha inviato
a tutti i dipendenti nella
quale precisa che, per lui, il profitto non viene prima degli utenti e che
sono ‘illogiche’ le accuse
dell’ex dipendente.
Insomma, non sta vivendo tempi tranquilli il magnate dei social, che nei
giorni scorsi ha dovuto fare
i conti anche con una delle più lunghe interruzioni delle sue piattaforme
(Facebook, Instagram e
Whatsapp) durata più di cinque ore e costata circa sei miliardi di dollari
persi nella borsa, a parte le
perdite dirette che ammontano a 900 milioni di dollari. Ed è facile
immaginare che la questione dei
pericoli di Instagram per gli adolescenti non si riesca a risolvere in poco
tempo.
O almeno, dovremmo sperarlo, a questo punto.
In tanti si stanno chiedendo se i grandi social non si stiano comportando
come le grandi
multinazionali del tabacco di qualche anno fa, che pur conoscendo i
pericoli dell’uso della sostanza,
li hanno tenuti segreti.
E’ un fatto che i bambini, prima ancora di imparare a leggere, a scrivere,
finanche a parlare,
utilizzino i social e le varie piattaforme per ore e ore al giorno, con o
senza la supervisione dei
genitori, e spesso falsificando le età per ottenerne l’iscrizione. E’ un
fatto che speriamo ancora
riesca a sorprenderci, che riporti al massimo l’attenzione sull’uso dei
social per più piccoli,
specialmente da parte dei genitori.