venerdì, Ottobre 4 2024

Le chat, spesso associate a trappole, schiavitù, a relazioni effimere,
possono a volte essere validi strumenti di aiuto.

Potremmo dire, modificando un famoso proverbio, che non tutti i social vengono per nuocere.

Spesso ci soffermiamo sugli effetti negativi che l’iper-connessione ha
sulle nostre vite e, in modo particolare, sui più giovani, sulle persone
più fragili e affettivamente meno stabili.

Dipendenze, estraniamento dalla realtà, paura dei rapporti reali, vizi che
vengono esaltati ed escono dal nostro controllo.

E non è finita qui: perché sicuramente la lista dei problemi generati o
accentuati dai social può essere ancora più lunga.

Tuttavia, ci sono anche aspetti positivi.

Una chat, ad esempio, può essere la via più semplice per raggiungere
adolescenti in difficoltà.

È quello che hanno compreso i promotori di Krisenchat, una chat
tedesca, nata a Berlino poco più di un anno fa, per aiutare ragazzi in
crisi, offrendo loro sostegno psicologico.

Una chat per soccorrere bambini e adolescenti

“L’idea è venuta a tre diciottenni, la scorsa primavera. E oggi è uno
strumento di sostegno per tanti ragazzi in difficoltà”, racconta all’ANSA
Bernd Janning, 38 anni, psicologo e operatore della piattaforma sul campo.

Tendere la mano ai ragazzi in difficoltà attraverso uno strumento loro
congeniale ha fatto sì che l’iniziativa diventasse un fenomeno di grande
successo.

Attualmente è l’unica chat in Europa di questo genere, ma chissà che altri
non possano prendere ispirazione e crearne di simili nei propri paesi.

Janning spiega l’importanza di intervenire: “Un ragazzo su cinque, di
quelli che ci contattano, ha pensieri suicidi”.


La chat non è la terapia, ma una specie di primo soccorso

La pandemia, con il conseguente lockdown, ha esasperato situazioni già
problematiche, ingigantito paure e fragilità; la depressione è stata acuita
dall’isolamento.

Krisenchat
è quindi cresciuta più di quanto i suoi stessi ideatori potessero mai
immaginare.

Complice di questo il fatto che i ragazzi, normalmente “timidi nel chiedere
aiuto”, hanno trovato più “semplice” farlo attraverso una forma di
comunicazione che non li obbligava – almeno all’inizio – a “metterci la
faccia”.

Tanti, scrivendo in forma anonima, senza dover guardare in volto
l’operatore, si sono aperti, hanno trovato il coraggio di raccontare i loro
problemi.

Janning afferma: “Oggi abbiamo 350 operatori e siamo attivi 24 ore su 24,
esclusivamente via chat. Abbiamo 5000 contatti in media al mese, ma si sono
già superati anche 10 mila più di una volta: dallo start il numero dei
messaggi scambiati supera il milione”.

“Noi non siamo una terapia però”, aggiunge.

La chat funge più come una specie di primo soccorso.

Sollecitare all’aiuto fuori dalla chat

Lo scopo della chat non è sostituirsi ad un aiuto in carne ed ossa. Serve
piuttosto a orientare, a motivare a cercare aiuto.

“Noi sollecitiamo a parlare con qualcuno di cui si fidano, che sia
l’insegnante o un parente, se non hanno fiducia nei genitori”.

Un passo successivo potrebbe essere quello di favorire il passaggio dalla
chat a una vera e propria terapia, magari in forma digitale.

Non è tutto oro quello che luccica su Internet, ma a dispetto di tanto
marciume che circola in rete, ci sono anche strumenti che vengono messi al
servizio della persona.

Invece di demonizzare il web, potremmo valorizzare il buono che c’è,
prendere esempio dai promotori di questa chat e impegnarci perché la
solidarietà prevalga anche nel web sulla cattiveria e il narcisismo.

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