venerdì, Ottobre 4 2024

Quando qualcuno mostra interesse per qualcosa che abbiamo pubblicato su un
Social Network, ne traiamo una “sensazione di piacere”.
Perché?

Il cervello rilascia dopamina (il cosiddetto “ormone del piacere e della
ricompensa”), ogni qualvolta riceviamo una gratificazione o degli stimoli
positivi (ad esempio mangiare il nostro cibo preferito, ascoltare della
buona musica, rinfrescarci in piscina etc.).

Questa sensazione di benessere ci tocca anche quando qualcuno mostra
gradimento per una nostra foto o per un post condiviso. Oggi approfondiremo
ulteriormente la questione…



“Il problema era come prendere tutto il tempo e l’attenzione degli
utenti”

In un articolo de Il Corriere della Sera leggiamo che Sean Parker,
l’hacker che a vent’anni fondò Napster e a 25 fu il primo presidente di
Facebook, colui che ha messo insieme l’idea di Mark Zuckerberg e i soldi di
Peter Thiel, afferma: «è la tecnologia e non l’economia o il governo la
vera forza trainante dietro i grandi cambiamenti sociali» e poi ammette che
i social – Facebook prima di tutti – sono nati da una domanda:

«Come faccio a consumare la maggior parte possibile del vostro tempo e
della vostra attenzione cosciente?». Hanno «sfruttato una vulnerabilità
nella psicologia umana»: il bisogno di riconoscimento sociale

.

«Ne eravamo del tutto coscienti – ammette – ma l’abbiamo fatto comunque».
Come?

«Dandovi ogni tanto un po’ di dopamina, perché qualcuno mette “mi
piace” o commenta una foto, un post o qualcos’altro»

.

Che l’autocritica di Parker sia sincera o meno, che sia pentito oppure no
di essere stato parte dell’ingranaggio, la scienza oggi conferma quanto da
lui dichiarato.



Il piacere e la ricompensa si attivano quando riceviamo stimoli
particolari

La tecnologia ha qualcosa di incredibile, suona quasi come un “miracolo
della modernità”. Eppure,

essa comporta anche che siamo “bombardati” da un flusso costante di
stimoli.

Da ogni angolo provengono distrazioni, richiami, pubblicità. Social media e
videogames ci assalgono con le loro luci lampeggianti; gli smartphone
invadono i nostri spazi, le nostre case, i momenti di socialità.

Leggiamo su un articolo dal titolo Tecnologia, dopamina e dipendenza: “A causa dei progressi della
tecnologia, gli stimoli sono ovunque e sono inarrestabili. Questi segnali
sono molto più forti di qualsiasi cosa si trovi in natura. Tutto è
sensazionalistico. Ogni segnale attiva la risposta oppioide/dopamina e la
ripetizione continua crea dipendenza”.

Gli stimoli attivano la risposta di piacere e ricompensa, producendo una
sensazione di euforia e il desiderio di avere di più. Quando i recettori
perdono la loro sensibilità, è necessaria una stimolazione più forte per
ricevere lo stesso effetto. L’assenza di stimoli scatena ansia e
depressione. L’ansia e la depressione aumentano la motivazione a cercare di
più.


Internet Addiction Disorder: un nuovo campo di studio

Come già spiegato in precedenza sul nostro portale, il Disturbo da
Dipendenza da Internet (IAD) presenta dei sintomi che seguono lo schema di
qualsiasi altro tipo di dipendenza. Una persona con questa patologia mostra preoccupazione per Internet, i social media e i
videogiochi; manifesta compulsività, non controlla né
gestisce il tempo. La sua “fame” si soddisfa solo con più tempo speso o con un nuovo gioco.
I sintomi dell’astinenza sono evidenti quando l’accesso è
negato: disagio fisico e/o emotivo, ansia, depressione. E il comportamento continua nonostante le conseguenze negative
come conflitti familiari e nonostante le prove di esclusione sociale.

La conclusione che ne traiamo è la seguente: la tecnologia rappresenta un
rischio reale per la salute. Essa può aver su di noi effetti simili a
quelli di altre sostanze che creano dipendenza e danno. Dobbiamo stare
attenti al tempo che riserviamo ad essa e in particolare fare molta
attenzione a come la vivono i bambini, i cui cervelli e ormoni sono ancora
in una fase di sviluppo. Essi più che mai devono essere protetti.

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